In principio fu il mattoncino. Poi venne il pixel. In mezzo, un’intera civiltà infantile e preadolescente che ha costruito imperi, distrutto astronavi, ingoiato teste di mini-figure e rischiato di perdersi in server multiplayer popolati da in-cubi. È da qui che nasce una domanda degna di Platone, ma formulata su Reddit: Minecraft è pericoloso? Soprattutto, lo è più dei LEGO?
Per rispondere ci serviranno scienziati, sociologi, bambini degli anni ’80 e genitori ansiosi del 2025. E, perché no, anche un po’ di popcorn lanciati al grido di “CHICKEN-JOCKER!!” 🧟🐔
Plastic Monsters (and Super Pixels)

I LEGO nascono nel 1932 a Billund, in Danimarca. Già nel 1984 dominavano le stanze dei bambini italiani. E gli incubi dei loro genitori.
Mattoncini ovunque, gioia pura e il rischio reale di ingoiare teste e arti di mini-figure. Perche capitava, oh se capitava. Indovinate, succede ancora, perché i bambini mettono in bocca qualsiasi cosa.
Gli scienziati hanno persino studiato quanto tempo impiega un LEGO ingerito per uscire dall’organismo umano: circa 1.71 giorni.
Questo problema è meno evidente per i giocatori di Minecraft, nato nel 2009 dal programmatore Markus Persson, videogioco sandbox che permette di costruire mondi infiniti. Blocchi anche qui, ma digitali. Il rischio di ingerire oggetti è alquanto improbabile (a meno che non vi troviate in un cinema), ma in cambio abbiamo il dispiacere di abbracciare nuove insidie: server poco sicuri, giocatori molesti, alienazione ed altri lievi effetti collaterali.
Minecraft è realmente Pericoloso? Una Domanda affatto virutale

Minecraft è veramente pericoloso? Dipende.
Di per sé, il videogioco è sicuro. Ha un impatto positivo sullo sviluppo cognitivo: migliora la creatività, la pianificazione e la cooperazione.
Giocare con altre persone, specialmente in modalità multiplayer, può sviluppare il senso civico digitale.
Ma… c’è un ma. Se si entra in server non moderati – o non si sa come evitare i pericoli online – il paradiso si trasforma in inferno.
Qui entrano in gioco alcuni consigli pratici:
- usare una VPN;
- scegliere un server sicuro;
- segnalare i giocatori molesti;
- Limitare il tempo di gioco.
Sì, perché Minecraft crea dipendenza. Il loop di costruzione, conquista e sopravvivenza stimola la dopamina quanto un social network.
LEGO, pericoli d’Altri Tempi

Negli anni ’80, i LEGO erano ovunque. Ma erano anche più grandi, più spigolosi, meno “friendly”.
I pericoli erano concreti: mattoncini smarriti sul tappeto, pronti a colpire il piede nudo nel cuore della notte. Non parliamo dell’imprevedibile inghiottimento: le teste di minifigure sono tra gli oggetti più frequentemente ingeriti dai bambini.
Oggi i LEGO vengono ritirati dal mercato solo in caso di problemi di sicurezza (come parti troppo piccole o materiali difettosi).
Parlando di materiali: i LEGO sono fatti principalmente di ABS, una plastica resistente, non certo ecologica. Il brand ha promesso di convertirsi a materiali sostenibili entro il 2030, ma quanto inquina LEGO è ancora materia di discussione.
Di Cinema, Meme e i Polli Volanti
I cinema americani sono diventati arene di performance collettive: giovani in cosplay, popcorn lanciati in aria e polli gonfiabili volanti al grido di “CHICKEN-JOCKER!”.
Questi episodi nascono da una battuta improvvisata di Jack Black, doppiatore di un personaggio gallina nel film.
Il grido – nonsense e catartico – rappresenta la liberazione dall’ansia del quotidiano e il ritorno all’infantile, all’assurdo condiviso.
Il fenomeno è diventato talmente estremo che alcune catene cinematografiche statunitensi hanno dovuto attrezzarsi predisponendo sale dedicate, con proiezioni speciali pensate per catalizzare e arginare questi riti barbarici collttivi a prova di meme.
C’è qualcosa di profondamente simbolico in tutto questo: in un’epoca in cui la realtà sembra troppo piatta per essere vissuta, i giovani scelgono di crearne una loro, di trasformare ogni momento in un contenuto condivisibile.
Il pollo diventa totem, il lancio diventa rituale. Anche in questo, occorre porre le opportune distinzioni: non tutto ciò che è virale è liberatorio, a volte ribellione non rima con rivoluzione.
Il confine tra spettacolo e deriva sociale è sottile, ed è lì che il ruolo degli adulti — spettatori o educatori — torna a essere fondamentale.
La domanda che resta è: stiamo assistendo a una rivoluzione pop o a una regressione mentale irreversibile? Forse entrambe. Intanto, i polli continuano a volare.
Anni ’80 e ‘20: un mondo, due blocchi a confronto

Negli anni ’80 i videogiochi simili a Minecraft erano rari, ma non del tutto assenti. Giochi come Dig Dug (1982) e Boulder Dash (1984) mettevano al centro l’idea dello scavo, della manipolazione del terreno e dell’evitamento di pericoli improvvisi come massi che cadevano dall’alto — una meccanica che richiama da lontano il concetto di ambiente modificabile che oggi ritroviamo in Minecraft.
Anche Load Runner (1983) proponeva un labirinto scavabile, dove fuggire dai nemici richiedeva ingegno e tempismo.
Pitfall! (1982), pur meno simile nella struttura, contribuiva all’immaginario dell’esplorazione di mondi selvaggi e pieni di insidie. Forse non c’erano cubi da posare, ma c’era già la tensione tra creatività e sopravvivenza.
I LEGO, invece, erano l’apice dell’interattività fisica: toccare, costruire, sbagliare, ricominciare.
Nel 2025, tutto è digitale: l’interazione avviene per interfacce, comandi vocali e pixel in movimento.
Mentre l’accesso al gioco si è allargato, la consapevolezza con cui si gioca sembra essersi ristretta.
C’è una perdita? Non nel quoziente intellettivo, ma nella qualità dell’apprendimento relazionale.
Non è l’intelligenza ad essere calata, ma la capacità di stare nel mondo con gli altri. Il rispetto, la pazienza, l’attesa.
I bambini degli anni ’80 costruivano castelli con tempi lenti e dita impolverate. Quelli di oggi costruiscono universi in pochi minuti, ma spesso in solitudine.
Il rimedio non sta nel rifiuto del nuovo, né nella nostalgia sterile. Sta nella presenza, nel fungere da guida.
Giocare insieme, adulti e bambini, significa non lasciare il campo educativo agli algoritmi, trovare il tempo per trovare un mattoncino smarrito, o per costruire insieme un mondo virtuale ma sicuro. La tecnologia cambia, il buon senso rimane.
Le Domande che Tutti si Fanno (a cui Chicken Jokey risponde)

Per trovare risposte attendibili, abbiamo deciso di chiederle direttamente a chi è ormai considerato il simbolo (involontario) del caos contemporaneo: Chicken Jokey.
Lo abbiamo raggiunto dentro Minecraft, grazie a un server moddato e all’aiuto di un gruppo di giocatori veterani.
Dopo un lungo inseguimento notturno in modalità sopravvivenza e una gallina come esca, siamo riusciti a ottenere da lui una serie di risposte. Ecco cosa ci ha detto:
- Qual è l’età per giocare a Minecraft? «Sette anni va bene. Ma anche a cinque, se hai un adulto accanto e una gallina al tuo fianco.»
- Giocare a Minecraft fa bene? «Fa bene come zappare un campo. Ti sporchi le mani, ma costruisci qualcosa.»
- Perché Minecraft crea dipendenza? «Perché il mondo vero ha confini. Minecraft no. E quando hai ali digitali, chi vuole tornare in gabbia?»
- Perché i LEGO vengono ritirati? «Perché a volte fanno paura più di me. Se i LEGO fossero vivi, Black Mirror ci avrebbe già fatto una puntata dove conquistano il mondo partendo dai tappeti del salotto.»
- In che materiale sono fatti i LEGO? «ABS. No, non è una parolaccia. È plastica. Resistente come un pollo che non vuole farsi cavalcare.»
- Come tenere i LEGO in casa? «Chiudi mattoncini in scatole sicure, ma non a lungo. Il disordine creativo è il primo passo per costruire un castello.»
- Quanto inquina LEGO? «Abbastanza da non essere invisibile. Ma stanno cercando soluzioni. Forse un giorno faremo mattoncini con piume di pollo.»
Una risposta poco seria? Forse. O forse solo il punto di vista di chi, pixel dopo pixel, ha imparato che ogni gioco non è mai completamente innocuo. Ma può essere meravigliosamente sovversivo.
Volevo essere un Guru?

Il problema non è Minecraft, né i LEGO. Il problema siamo noi: l’abbandono educativo, la mancanza di dialogo generazionale, il timore irrazionale verso i dispositivi digitali e la delega completa alla tecnologia.
Dovremmo riscoprire il ruolo dell’adulto come guida, complice e co-giocatore. Possiamo organizzare serate LEGO in famiglia, aprire server Minecraft condivisi tra genitori e figli, introdurre una visione critica e condivisa dei film-branded, analizzandone linguaggio e messaggi.
Insegnare ai più piccoli come evitare i pericoli online non dovrebbe essere un tabù: parliamo loro di VPN, di come scegliere un server sicuro e dell’importanza di segnalare i comportamenti molesti.
L’ironia può essere uno strumento potente: anche costruire una gallina gigante in mattoncini LEGO e trasformarla in protagonista di uno sketch può essere un gesto creativo, surreale, che rompe le regole per stimolare il pensiero. Ma c’è una linea sottile tra gioco e goliardia aggressiva, tra satira e imitazione inconsapevole della violenza.
Se il gioco diventa pretesto per comportamenti molesti — anche solo lanciando oggetti in sala — allora rischiamo di trasformarci tutti in una versione isterica di Lucy dei Peanuts, che invece di togliere il pallone a Charlie Brown all’ultimo secondo, gli tira addosso un secchio di popcorn.
Per questo è fondamentale educare al senso del limite: perché anche l’umorismo ha bisogno di contesto, responsabilità e consapevolezza.
Give Peace a CRAFT

Come diceva lo zio Ben a Peter Parker: “Da un grande potere derivano grandi responsabilità”. E il gioco, oggi, è un potere. Un potere che può divertire, educare, connettere, ma anche ferire, escludere e abituare alla violenza.
Non c’è nulla di eroico nel lanciare polli di LEGO sulla testa degli altri spettatori, così come non c’è nulla di magico nel restare ostaggio di un server tossico.
Il mondo è pieno di pericoli, l’unico vero antidoto è l’educazione: non solo alle regole, ma all’empatia.
Non educare al rispetto, oggi come negli anni ’80, significa spalancare le porte a effetti deleteri: verso gli altri, certo, ma anche verso se stessi.
La mancanza di educazione e di erudizione rende fragili, esposti, manipolabili. Che si tratti di ingoiare un mattoncino, di essere vittima di bullismo online, o peggio ancora di diventare carnefici inconsapevoli.
Il gioco, in ogni sua forma, può essere un dono. Ma solo se c’è qualcuno pronto a ricordarci — come farebbe lo zio Ben — che ogni gesto ha un peso. Ogni costruzione poggia sulla responsabilità di chi la crea. Pixel o mattoncino che sia.