“Il Chours è MALE” – Fabio Benni, Le Man Avec Les Lunettes
Il Boss CE-1 Chorus Ensemble (1976) è universalmente considerato il pedale chorus più importante e rivoluzionario mai realizzato.
A Cesena lo si può intuire ancora: alla Liuteria Suzzi quando provi una chitarra che sembra respirare attraverso il legno, o davanti alla vetrina di C’era l’hacca, dove pochi vinili usati – sempre scelti col cuore – ti conquistano lo sguardo evocando quell’estetica sonora anni ’80 fatta di riverberi, neon e malinconie.
Il CE-1 aveva la stessa forza: non aggiungeva semplicemente un effetto, ma creava uni squarcio nel multiverso.
Premere quell’interruttore significava sentire le note farsi più larghe, più profonde, come se la stanza diventasse improvvisamente più grande di quanto fosse.
Niente algoritmi, niente playlist di Spotify: il CE-1 non suggeriva, inventava. Creava un universo sonoro in cui la chitarra smetteva di essere un oggetto a sei corde per diventare paesaggio.
Il CE-1 era tecnologia, certo, ma era anche mito. Da lì a poco sarebbe diventato un classico senza tempo.
Il CE-1 nacque come versione stompbox del circuito stereo integrato negli amplificatori Roland Jazz Chorus JC-120/60 del 1975.
Dentro al suo robusto chassis convivevano chorus e vibrato, due efetti che cambiarono per sempre il modo di percepire la chitarra.
Grazie al suo preamp poteva gestire diversi strumenti musicali – non solo chitarre, ma anche tastiere e microfoni – trasformando qualunque suono in una vibrazione più ampia, più calda, più umana.
Icone della chitarra che hanno amato il CE-1
Il Boss CE-1 non fu solo un pedale: fu un passaporto sonoro. Andy Summers dei Police lo usò per trasformare arpeggi reggae in tappeti spaziali, facendo sembrare Walking on the Moon davvero registrata in orbita.
Alex Lifeson dei Rush lo accese e i suoi accordi diventarono architetture, tanto che Moving Pictures non sarebbe mai stato lo stesso senza quella modulazione che apriva il suono in orizzonti.
E poi c’è Wendy Melvoin con Prince: l’intro di Purple Rain è la prova che un pedale può farsi carne e lacrime. Quel chorus non è un effetto: è il fiato trattenuto prima di piangere.
Più vicini a noi, John Frusciante e Joe Bonamassa hanno rimesso il CE-1 nei loro rig. Frusciante lo tratta come un diario segreto degli anni ’80, Bonamassa come una reliquia da museo.
Due approcci diversi, stessa conclusione: nessun digitale ha ancora sostituito quella magia.
Le influenze musicali del Boss CE-1 Chorus
Il Boss CE-1 non è stato soltanto un pedale: è stato un timbro generazionale che ha attraversato album e singoli, dall’Italia alle classifiche mondiali.
vunque ci fosse bisogno di dare respiro, profondità, luce a una chitarra, il CE-1 compariva come un fantasma benevolo. In alcuni casi è stato il segreto dietro riff immortali, in altri la trama invisibile che ha dato agli arrangiamenti quella patina riconoscibile degli anni ’80.
1Album internazionali: architetture in stereo
- Prince – Purple Rain (1984): il chorus trasforma l’intro in una preghiera elettrica, un lago viola in cui l’ascoltatore sprofonda.
- Rush – Moving Pictures (1981): Lifeson apre spazi sonori immensi, trasformando Tom Sawyer in architettura rock.
- The Police – Synchronicity (1983): Summers colora i suoi arpeggi rendendo i Police pittori del pop-reggae.
- Dire Straits – Brothers in Arms (1985): Knopfler lascia che il chorus trasformi i suoi arpeggi in malinconia pura.
- The Cure – Disintegration (1989): Smith avvolge la chitarra in un chorus gotico e spaziale, ombre e pioggia su vetri appannati.
Album italiani: l’eco del pop tricolore
- Vasco Rossi – Bollicine (1983): la chitarra col chorus porta l’Italia nel pieno dell’epoca FM.
- Matia Bazar – Aristocratica (1983): brani come Ti sento sfruttano il chorus per sostenere la voce di Ruggiero.
- Litfiba – Desaparecido (1985): Renzulli costruisce muri di chitarra urbani e drammatici.
- Franco Battiato – La voce del padrone (1981): arrangiamenti arricchiti da modulazioni che ampliano l’orizzonte sonoro.
- Alice – Park Hotel (1986): il chorus aggiunge malinconie sospese alla voce intensa di Alice.
Singoli internazionali: riff che hanno fatto epoca
- The Police – Every Breath You Take (1983): il riff di Summers, scolpito dal CE-1, diventa icona mondiale.
- Prince – Purple Rain (1984): la versione singolo amplifica l’abbraccio liquido del chorus.
- U2 – Pride (In the Name of Love) (1984): The Edge intreccia delay e chorus per scolpire un suono unico.
- Duran Duran – Save a Prayer (1982): la chitarra col chorus diventa velluto atmosferico.
- Toto – Africa (1982): il chorus accompagna il brano come un vento caldo che non smette di soffiare.
Singoli italiani: l’impronta del CE-1 nel pop nazionale
- Raf – Self Control (1984): chorus lucido e notturno, un biglietto da visita internazionale.
- Vasco Rossi – Bollicine (1983): la chitarra ariosa diventa simbolo dell’FM anni ’80.
- Matia Bazar – Ti sento (1985): chorus elegante che illumina la voce di Ruggiero.
- Litfiba – Eroi nel vento (1985): un chorus epico che accompagna la voce di Pelù.
- Alice – Nomadi (1982): modulazioni delicate aggiungono malinconia al pop raffinato.
Perché gli indie pop odiano il chorus

Gli indie pop hanno con il chorus lo stesso rapporto che i bambini hanno con gli spinaci: in pubblico storcono il naso, ma sanno che fa bene. Il Boss CE-1 per loro è il simbolo di tutto ciò che vorrebbero negare: pulizia, brillantezza, perfezione.
La mitologia indie vuole il suono sghembo, lo-fi, come un demo inciso su quattro tracce. Il chorus, invece, è limpido e avvolgente.
È l’esatto contrario del culto del “bello rotto”. Così dicono di odiarlo, perché “troppo anni ’80”, “troppo lucido”, “troppo playlist di Spotify”.
Eppure, se vai a guardare nelle pedalboard di certi idoli indie, eccolo lì: nascosto tra un fuzz e un delay, pronto a essere acceso quando nessuno guarda.
È la doppia morale dell’indie: dichiarare amore per il fruscio dei vinili di C’era l’hacca, ma usare di nascosto il CE-1 per far respirare davvero una canzone.
Alla fine, l’odio indie per il chorus è pura sceneggiata. Perché l’effetto che fingono di disprezzare è lo stesso che, di nascosto, fa volare i loro brani più riusciti.
Uso contemporaneo e gear moderno

Il Boss CE-1 oggi è un pezzo da collezione, ma la sua eredità continua. Alcuni accoppiamenti rimangono iconici:
- In stereo con due Roland JC-120 o JC-40: l’effetto si spalanca come un teatro.
- Con un delay analogico: la chitarra diventa paesaggio liquido.
- Con Stratocaster o Rickenbacker: il chorus regala quel jangle che ha fatto scuola.
- Accanto a un Marshall: il crunch si mescola al chorus e ti ritrovi in pieno 1982.
More Than This

Il Boss CE-1 Chorus è molto più di un pedale: è stato un varco sonoro, un’idea di infinito in formato stompbox.
Nato dalla tecnologia Roland Jazz Chorus, ha insegnato a una generazione di musicisti che il suono può avere una profondità nuova, quasi fisica.
Puoi amarlo o odiarlo, considerarlo kitsch o sublime. Ma se chiudi gli occhi e attacchi il jack, quel riverbero liquido ti avvolge. È la vibrazione eterna degli anni ’80 che ancora oggi continua a bussare alla porta.