Gli anni ’80 per Bowie sono stati una lama a doppio taglio: da un lato, la critica li liquida come un decennio “minore” dopo la cupa trilogia berlinese; dall’altro, il Duca Bianco si ritrova improvvisamente a riempire stadi, con scenografie ciclopiche e un pubblico che non conosceva più i club underground, ma si trovava smarrito in arene da 60mila posti.
La parabola è esemplare nel Glass Spider Tour di David Zard, monumentale e allo stesso tempo ridicolizzato.
Eppure, proprio negli anni ’80 Bowie affinò la sua arte di trasformista, alternando maschere e reincarnazioni, rimettendo in gioco personaggi come Major Tom, lasciando sullo sfondo le ombre di Ziggy e del Thin White Duke.
Cambiò il mantra: non più essere soltanto l’avanguardia, ma riscrivere le regole del pop globale, sfidando Madonna, Prince e Michael Jackson.
Davvero gli anni ’80 di Bowie furono solo plastica e compromessi?
Scopriamolo attraverso le 10 canzoni di David Bowie degli anni ’80 che dimostrano quanto qual decennio sia stato, in realtà, un giga-laboratorio di invenzioni pop.
1. Let’s Dance (1983)
Let’s Dance è il manifesto pop della nuova era Bowie. Nato da una collaborazione con Nile Rodgers, che trasformò un embrione acustico in una hit funk-pop, arricchito dall’assolo blues di Stevie Ray Vaughan.
Let’s Dance di David Bowie unisce leggerezza danzante e messaggio sociale. Bowie non sperimenta più solo nelle nicchie: conquista il mondo con un groove ipnotico.
Ballare diventa un atto universale, un rito liberatorio e un gesto politico. Gli anni ’80 sono l’inizio di una stagione in cui Bowie abbraccia il mainstream, ridefinendolo dall’interno, con un’energia ancora travolgente.
Dietro l’apparente leggerezza, Let’s Dance nasconde la consapevolezza di un artista che sa parlare a tutti senza rinunciare alla propria complessità interiore.
Curiosità
Il videoclip di Let’s Dance, girato in Australia, non è solo una cornice esotica ma un vero manifesto politico.
Vi compaiono due giovani aborigeni costretti a confrontarsi con il razzismo e l’esclusione sociale. Bowie dichiarò che voleva mostrare la crudeltà dell’apartheid con un linguaggio comprensibile alle masse.
Nile Rodgers raccontò che la prima demo era quasi folk: fu lui a trasformarla in un trionfo dance-funk.
Bowie chiese a Rodgers di trasformare il brano in una canzone che facesse ballare il mondo e lui gliela consegnò.
La fotografia calda, le inquadrature semplici e dirette e la simbologia degli oggetti (scarpe rosse, strumenti di lavoro) crearono un’estetica che anticipò molti videoclip degli anni a venire.
Copie vendute e primati
Let’s Dance fu il più grande successo commerciale di Bowie: raggiunse il numero 1 sia in UK sia negli Stati Uniti, superò il milione di copie vendute solo in America e divenne disco di platino.
L’album omonimo restò per settimane ai vertici delle classifiche mondiali e aprì le porte a tournée negli stadi che segnarono la sua carriera.
In Europa, Australia e Giappone dominò le classifiche, trasformando Bowie in una superstar planetaria.
In Italia Let’s Dance divenne uno dei brani più trasmessi dalle radio e ancora oggi rimane una delle sue canzoni più programmate, simbolo della fusione tra avanguardia e pop di massa.
Cover più o meno famose
Il brano è stato reinterpretato da artisti di generazioni e generi molto diversi, a conferma della sua universalità.
Tina Turner la cantò in duetto con Bowie durante un tour nel 1985, mentre Prince la inserì in una jam con Nile Rodgers.
Craig David ne campionò il riff in Hot Stuff e Puff Daddy lo utilizzò in Been Around the World.
Negli anni 2000 David Byrne e Miley Cyrus la riproposero insieme sul palco, confermandone la vitalità live.
Esistono anche versioni jazzistiche, acustiche e remix elettronici, ma nessuna ha oscurato l’originale, che resta un punto fermo della cultura pop.
2. Ashes to Ashes (1980)
Con Ashes to Ashes Bowie prosegue un viaggione aperto con Space Oddity: Major Tom non è più l’eroe sospeso tra le stelle, ma un tossico alla deriva, la speranza trasformata in disillusione fluorescente da videoclip.
La vera fine del racconto arriverà soltanto trent’anni dopo, con Blackstar, quando Bowie deciderà finalmente di seppellirlo per sempre.
Musicalmente Ashes to Ashes è un collage elettronico che mescola synth freddi, linee di basso ossessive e cori stranianti, creando un effetto ipnotico.
Ashes to Ashes è un brano che trasforma una ninna nanna spaziale in un’allegoria oscura degli anni’70 e della paranoia, riflettendo il trauma di una generazione che aveva visto i sogni degli anni ’60 dissolversi.
Bowie non ha paura di smontare i suoi stessi miti: li riporta a terra, li sporca di verità e li restituisce al pubblico come nuove maschere da decifrare.
Curiosità
Il videoclip di Ashes to Ashes fu uno dei più costosi e rivoluzionari dell’epoca, girato con tecniche pionieristiche e un immaginario fortemente simbolico.
Bowie vestì i panni di un Pierrot malinconico, circondato da figure grottesche e ambientazioni surreali.
Disse che era “una canzone per bambini che parla di droga”, mostrando l’ambiguità tra innocenza e tragedia.
Le immagini delle ruspe e delle spiagge deserte crearono un’estetica tra il sacro e l’industriale che avrebbe influenzato MTV e la cultura visiva pop per anni.
L’impatto del video fu tale che contribuì a consacrare Bowie come artista totale, capace di unire suono e visione.
Copie vendute e primati
Uscito nel 1980, Ashes to Ashes raggiunse subito il numero 1 nel Regno Unito e rimase per settimane in cima alle classifiche.
Conquistò le top ten in Norvegia, Germania e Svezia, diventando uno dei brani più rappresentativi del decennio.
Negli Stati Uniti non ebbe lo stesso impatto, ma rimase un successo di culto che rafforzò l’immagine di Bowie come innovatore.
Ashes to Ashes è uno dei singoli più venduti della sua carriera in Europa e appare regolarmente in antologie e raccolte dedicate agli anni ’80.
È ricordato come il brano che segnò il passaggio dalla trilogia berlinese alla nuova fase pop.
Cover più o meno famose
Per la sua complessità musicale e concettuale, pochi artisti hanno osato reinterpretarla. Una delle versioni più apprezzate è quella di Grace Potter del 2016, registrata come tributo.
Alcune band post-punk e dream-pop ne hanno fatto cover in compilation dedicate a Bowie, ma senza riuscire a ricreare l’impatto devastante dell’originale.
Spesso i tributi preferiscono citare Ashes to Ashes più che rifarla integralmente, a dimostrazione del rispetto quasi sacrale che circonda questo pezzo.
Ashes to Ashes è un brano considerato “intoccabile”, parte integrante dell’identità artistica di Bowie.
3. China Girl (1983)
Scritta con Iggy Pop nel 1977 durante il periodo berlinese, China Girl fu registrata per la prima volta da Igg. Ma ma fu Bowie a trasformarla nel 1983 in un successo mondiale!
Nella versione presente su Let’s Dance il brano diventa un inno pop che gioca con l’immaginario esotico, ma al tempo stesso lo decostruisce.
L’amore interrazziale diventa una dichiarazione politica e culturale, trasmessa a ripetizione su MTV.
Musicalmente China Girl di Bowie unisce melodia dolce e arrangiamenti potenti, con la produzione di Nile Rodgers che aggiunge brillantezza e ritmo.
China Girl è un esempio di come Bowie sappia reinventare se stesso e i suoi amici, dando nuova vita a un brano nato in un contesto underground.
Curiosità
Il videoclip mostrava Bowie e la modella Geeling Ng in una storia d’amore scandalosa per l’epoca: baci appassionati, momenti intimi, una relazione ostentata che scardinava tabù culturali.
In molti lo criticarono, ma Bowie spiegò che voleva smascherare l’ipocrisia dell’Occidente. Un altro dettaglio curioso è che la scelta di rilanciare il pezzo servì anche ad aiutare Iggy Pop dal punto di vista economico, garantendogli royalties fondamentali.
La collaborazione fra i due restava un rapporto di fratellanza artistica e China Girl è forse il simbolo più evidente di questa alleanza che superava le mode.
Copie vendute e primati
Pubblicata come secondo singolo da Let’s Dance, raggiunse la posizione numero 2 nel Regno Unito e la numero 10 negli Stati Uniti.
In Germania e Australia fu uno dei brani più ascoltati del 1983.
China Girl contribuì a consolidare il successo internazionale dell’album e a rafforzare l’immagine di Bowie come artista pop globale.
Anche se meno dirompente di Let’s Dance, China Girl è oggi considerata una delle sue canzoni più iconiche, simbolo della sua capacità di muoversi tra cultura di massa e sperimentazione.
Cover più o meno famose
La versione originale di Iggy Pop rimane una pietra miliare, ma venne inevitabilmente oscurata da quella di Bowie.
Pochi hanno osato reinterpretarla, forse per il peso delle due versioni ufficiali.
Alcuni artisti indie e alternative l’hanno proposta in chiave minimale, ma nessuna ha raggiunto la stessa forza.
Rimane indissolubilmente legata al volto e alla voce di Bowie, al punto che anche nei tributi ufficiali si preferisce eseguire la sua versione.
4. Modern Love (1983)
Modern Love è Bowie travestito da predicatore gospel, senza chiesa ma con un’arena come pulpito. Unisce piano boogie-woogie, cori travolgenti e fiati esplosivi, creando un brano che è insieme rituale collettivo e riflessione esistenziale.
Il testo esprime il conflitto tra fede, amore terreno e rifiuto del dogma religioso. “Never gonna fall for modern love” diventa un mantra ossessivo, che si ripete fino a trasformarsi in trance.
Bowie abbandona le maschere di Ziggy e del Thin White Duke e appare come un uomo che cerca senso tra le contraddizioni della modernità.
Modern Love è pura energia vitale, capace di accendere lo stadio e dare voce alle inquietudini del tempo.
Curiosità
Il video di Modern Love fu tratto dal Serious Moonlight Tour, mostrando Bowie al culmine della sua fase più popolare.
Bowie dichiarò che la canzone era ispirata ai sermoni evangelici americani e al modo in cui riuscivano a ipnotizzare le folle.
La sua corsa all’inizio del video è diventata iconica, immagine di vitalità e urgenza comunicativa.
Curiosamente, Bowie raccontò di considerare il brano “un pezzo di apertura perfetto” perché condensava in pochi minuti la tensione tra spiritualità e fisicità che lo interessava negli anni ’80.
Ancora ogg la performance dii Modern Love viene ricordata come un esempio della sua capacità di trasformare concetti filosofici in spettacolo.
Copie vendute e primati
Pubblicata come terzo singolo dell’album Let’s Dance (1983), Modern Love raggiunse il numero 2 nelle classifiche del Regno Unito e il 14 negli Stati Uniti. Ebbe un grande successo anche in Australia e in diversi Paesi europei, consolidando il ruolo dell’album come fenomeno mondiale.
Modern Love di Bowie divenne uno dei più trasmessi da MTV e uno dei cavalli di battaglia delle sue esibizioni dal vivo. Rimase costantemente presente nelle scalette fino agli anni ’90, a testimonianza della sua popolarità duratura. È considerata una delle canzoni più amate dai fan del Bowie pop.
Cover più o meno famose
Modern Love è stata reinterpretata in numerosi concerti tributo, spesso da cori gospel e gruppi rock.
Alcune versioni corali hanno accentuato l’aspetto spirituale, trasformandola in un inno quasi religioso.
Tra le cover più note, quella della band indie Bloc Party in una performance live, che ne ha messo in risalto l’energia nervosa.
Anche i Wedding Present ne hanno inciso una lettura post-punk. Nonostante ciò, l’originale rimane imbattibile, grazie alla sua miscela di vitalità e ironia.
Modern Love è una canzone che appartiene tanto al pubblico quanto al suo autore.
5. Under Pressure (1981)
Nata da una jam session a Montreux con i Queen, Under Pressure è un dialogo tra titani. La linea di basso di John Deacon, riconoscibile in una frazione di secondo, è diventata una delle più iconiche della storia del rock.
Il brano esplora ansia, stress e fragilità, ma anche amore come antidoto. Freddie Mercury e David Bowie si alternano in un duello vocale che è anche abbraccio: tensione e solidarietà insieme.
Qui Bowie abbandona le sue amate maschere aliene, mostrando una vulnerabilità autentica.
Under Pressure è una canzone che racconta la pressione sociale degli anni ’80, ma resta attualissima come riflessione sull’umanità.
Curiosità
La registrazione fu caotica: Bowie e i Queen lavorarono senza spartito, improvvisando linee vocali e strumentali.
Roger Taylor descrisse il processo come “un combattimento vocale” tra Mercury e Bowie, con entrambi decisi a lasciare il segno.
Il riff di basso venne poi campionato da Vanilla Ice in Ice Ice Baby, generando una celebre causa legale.
Bowie ricordò l’esperienza come una delle più intense della sua carriera, sottolineando la magia che nasce dal caos creativo.
L’improvvisazione pura rese il brano irripetibile, figlio di un momento unico.
Copie vendute e primati
Pubblicato nel 1981, Under Pressure raggiunse il numero 1 nel Regno Unito e conquistò le top ten di molti Paesi europei.
Negli Stati Uniti si fermò alla posizione 29, ma col tempo divenne una delle canzoni più amate del catalogo congiunto di Queen e Bowie.
Under Pressure oggi è certificata come classico internazionale, con milioni di copie vendute e centinaia di milioni di stream sulle piattaforme digitali. Rimane uno dei brani simbolo degli anni ’80, spesso citato come uno dei migliori duetti della storia della musica pop-rock.
Cover più o meno famose
Under Pressure è stata reinterpretata da artisti molto diversi. My Chemical Romance e The Used ne fecero una versione energica e punkeggiante, mentre Shawn Mendes la propose in chiave acustica.
Il brano è stato suonato da decine di band tributo ai Queen e a Bowie, ed è apparso in programmi televisivi e film.
Alcuni artisti sperimentali, come Xiu Xiu, l’o ‘hanno trasformata in performance radicali. Nessuna versione, tuttavia, ha saputo eguagliare l’impatto emotivo dell’originale, che rimane un unicum nella storia della musica pop.
6. Fashion (1980)
Fashion è Bowie che gioca col mondo delle passerelle. Funk-rock satirico, cori che scandiscono “turn to the left, turn to the right”, chitarre sincopate e un groove implacabile.
ÈÈ ironico e ballabile, ma nasconde una critica alla dittatura delle mode, con allusioni alla moda fascista, a quella disciplina collettiva che trasforma lo stile in un’arma di controllo. Qui il Thin White Duke si specchia e si prende in giro, mostrando il lato più sarcastico dell’artista.
Musicalmente richiama Golden Years, ma aggiornato al clima post-punk e new wave. È un brano che dimostra come Bowie riuscisse a partecipare alle mode e a demolirle allo stesso tempo, incarnando la contraddizione stessa del pop.
Curiosità
Il videoclip rafforzò l’estetica del periodo, mostrando figure eccentriche in una sfilata distopica.
Bowie disse: “La moda è una dittatura in giacca luccicante”, trasformando la canzone in una critica mascherata da hit dance.
Il brano fu spesso frainteso come un omaggio alla moda, ma in realtà era un atto satirico. La frase ripetuta “we are the goon squad and we’re coming to town” suona come una minaccia ironica rivolta all’industria culturale.
L’ambiguità, tipica di Bowie, era il suo modo di creare pop colto e allo stesso tempo fruibile.
Copie vendute e primati
Secondo singolo estratto da Scary Monsters (and Super Creeps) (1980), Fashion raggiunse il numero 5 nelle classifiche britanniche e rimase nelle top ten di diversi Paesi europei.
Negli Stati Uniti si fermò al 70, ma col tempo è stato rivalutato come un brano seminale, anticipatore del sound elettronico e funky che avrebbe dominato gli anni ’80.
Fashion di Bowie oggi è considerata un cult, spesso citata come una delle canzoni che hanno influenzato la nascita del movimento New Romantic.
Cover più o meno famose
Fashion non ha avuto molte reinterpretazioni ufficiali, ma i Nine Inch Nails la inserirono in alcuni concerti come omaggio a Bowie.
Diversi DJ e produttori elettronici ne hanno creato remix, sfruttando il groove implacabile. Alcune versioni teatrali e performance artistiche hanno ripreso il brano come critica sociale.
Fashion rimane un brano difficile da reinterpretare senza cadere nel grottesco, motivo per cui la maggior parte degli artisti preferisce celebrarlo piuttosto che rifarlo.
7. Blue Jean (1984)
Blue Jean è un brano apparentemente leggero, con sonorità pop-rock rétro, ma dietro la facciata si nasconde una riflessione sull’identità e sulle maschere sociali.
Nel mediometraggio Jazzin’ for Blue Jean Bowie interpreta due personaggi opposti: il rocker carismatico Screaming Lord Byron e un ragazzo timido e imbranato.
È teatro dentro la musica, autoironia e gioco di ruoli. Musicalmente richiama il rock’n’roll classico, filtrato dall’estetica anni ’80, con un ritmo incalzante e immediato. Blue Jean è un brano che mostra un Bowie divertito, capace di essere pop senza banalizzarsi e di ridere di sé stesso e del mito della rockstar.
Curiosità
Il film Jazzin’ for Blue Jean, diretto da Julien Temple, vinse un Grammy nel 1985 come miglior video musicale. È uno dei pochi Grammy competitivi ottenuti da Bowie in vita.
La scelta di interpretare due personaggi opposti rifletteva il suo continuo gioco di maschere.
Il brano fu concepito come un pezzo rapido, scritto in pochi giorni, quasi a dimostrare che Bowie poteva ancora produrre hit leggere dal nulla.
La sua ironia colpì il pubblico e contribuì a rafforzare l’immagine di un artista capace di reinventarsi all’infinito.
Copie vendute e primati
Uscito nel 1984, Blue Jean raggiunse la sesta posizione nelle classifiche britanniche e l’ottava in quelle americane. Fu l’ultimo singolo di Bowie a entrare nella top ten statunitense.
Anche se non replicò il successo di Let’s Dance, Blue Jean divenne un brano molto programmato in radio e televisione. Consolidò l’immagine di Bowie come artista capace di oscillare tra ironia e pop da classifica, senza mai perdere il proprio tocco personale.
Cover più o meno famose
Non esistono molte cover ufficiali di Blue Jean, forse perché troppo legata al videoclip e al contesto degli anni ’80. Alcuni artisti ne hanno fatto citazioni o esecuzioni live, ma raramente è stata reinterpretata in modo innovativo. Blue Jean rimane soprattutto un brano ricordato per il suo valore visivo e teatrale, legato indissolubilmente all’immaginario costruito da Bowie nel video.
8. Magic Dance (1986)
In Labyrinth (1986), Bowie diventa Jareth, il Re dei Goblin, e interpreta Magic Dance. È una canzone gioiosa e nonsense, costruita su ritmi incalzanti, cori infantili e percussioni leggere.
Diversa dal Bowie sofisticato e intellettuale, in Magic Dance troviamo l’artista giullare, capace di parlare anche ai bambini e di adattarsi al linguaggio cinematografico.
Il brano mescola elementi pop e teatrali, trasformandosi in una filastrocca contagiosa. È il lato più leggero del Bowie anni ’80, ma non per questo meno significativo: dimostra la sua capacità di reinventarsi in contesti inattesi, mantenendo il carisma intatto anche in un film fantasy per famiglie.
Curiosità
Un aneddoto curioso riguarda il neonato nella scena: il piccolo non voleva piangere davanti alla telecamera, così fu Bowie stesso a registrare i vagiti che si sentono nel brano.
Il testo contiene il celebre scambio nonsense “You remind me of the man / What man?”, tratto da antiche filastrocche popolari.
Il video, girato sul set del film con le creature di Jim Henson, diventò un cult negli anni successivi.
Molti fan ricordano ancora il suo look iconico con i capelli cotonati e i pantaloni attillati, diventati simbolo del Bowie attore-popstar. È uno degli episodi che mostrano il suo lato autoironico.
Copie vendute e primati
All’uscita, Magic Dance non ebbe grande successo commerciale: fu pubblicata come singolo solo in alcuni Paesi, arrivando al numero 40 in Nuova Zelanda.
Negli anni ’80 passò quasi inosservata nelle classifiche internazionali. Tuttavia, dopo la morte di Bowie nel 2016, la canzone conobbe una rinascita: grazie a YouTube e Spotify è diventata uno dei brani più ascoltati della colonna sonora di Labyrinth, raccogliendo milioni di stream e diventando un cult generazionale.
Magic Dance di Bowie l’esempio perfetto di come alcune canzoni possano guadagnare rilevanza nel tempo, trasformandosi in fenomeni culturali a distanza di decenni.
9. Absolute Beginners (1986)
Scritta per il film omonimo del 1986, Absolute Beginners è una ballata intensa e grandiosa che unisce orchestrazioni soul, jazz e pop.
Il testo parla di ricominciare da capo, di innocenza e speranza, con Bowie che canta con una voce calda e appassionata.
Musicalmente il brano è costruito su arrangiamenti lussuosi e un crescendo orchestrale che lo rendono quasi cinematografico.
Absolute Beginners è la dimostrazione di come Bowie sapesse passare dall’avanguardia alla melodia pura, dal rock all’eleganza orchestrale, mantenendo intatta la sua capacità di emozionare. È una delle gemme più liriche della sua produzione anni ’80.
Curiosità
Il film Absolute Beginners fu un flop commerciale e critico, ma la canzone sopravvisse all’insuccesso della pellicola, diventando molto più famosa del film stesso.
Bowie fece anche un breve cameo, consolidando il legame tra musica e cinema.
Il videoclip mostra l’artista mentre cantava in un’atmosfera rétro, arricchita da elementi teatrali.
Col passare degli anni, il brano è stato rivalutato come una delle migliori ballate pop del decennio.
Per molti fan Absolute Beginners rappresenta l’anima romantica di Bowie, un lato che spesso veniva oscurato dalla sua vena sperimentale e trasformista.
Copie vendute e primati
Pubblicata come singolo nel 1986, Absolute Beginners raggiunse la seconda posizione nella classifica del Regno Unito ed entrò nella top ten di diversi Paesi europei, tra cui Irlanda e Norvegia.
Anche se non raggiunse la vetta delle classifiche statunitensi, consolidò la sua reputazione di artista capace di dominare la scena internazionale.
Ancora oggi Absolute Beginners viene inclusa in numerose raccolte e antologie come una delle sue ballate più rappresentative.
Cover più o meno famose
Il brano è stato reinterpretato da vari artisti, soprattutto nel mondo indie e soul. Tra le versioni più note, quella di Carla Bruni e quella dei Nouvelle Vague, che ne hanno dato letture intime e raffinate.
Alcuni gruppi orchestrali ne hanno eseguito versioni sinfoniche, mettendo in risalto la ricchezza degli arrangiamenti.
Nonostante le reinterpretazioni, l’originale resta imbattibile per la potenza vocale e la carica emotiva di Bowie. È una canzone che appartiene al cuore della sua discografia anni ’80.
10. As the World Falls Down (1986)
Dalla colonna sonora di Labyrinth (1986), As the World Falls Down è una ballata romantica e sospesa, legata alla scena del ballo in maschera tra Jareth e Sarah.
Musicalmente fonde pop orchestrale e suggestioni da musical, con una melodia dolce e malinconica.
Bowie mette da parte l’ironia e veste i panni del cantore innamorato, dando vita a un brano intimo e struggente.
As The World Falls Down è un pezzo che parla di fragilità, desiderio e caducità dei sentimenti.
Se il Thin White Duke era un principe oscuro, qui Bowie si presenta come un re romantico, immerso in specchi e illusioni.
Curiosità
Molti critici hanno letto il brano come un’anticipazione dei lavori più crepuscolari di Bowie, vedendo in esso una traccia del tono malinconico che avrebbe caratterizzato parte della sua produzione successiva. È una canzone che unisce la potenza del cinema fantasy alla raffinatezza del pop orchestrale.
Copie vendute e primati
Non fu mai pubblicata come singolo ufficiale, quindi non esistono dati di vendita precisi. Tuttavia, dopo la morte di Bowie nel 2016, As the World Falls Down conobbe una nuova vita grazie alle piattaforme digitali, raccogliendo milioni di stream su Spotify e YouTube.
Oggi è considerata un cult della sua produzione anni ’80, anche senza riconoscimenti ufficiali nelle classifiche. È uno dei brani più richiesti dai fan quando si parla di Bowie e cinema.
Cover più o meno famose
Tra le cover più conosciute ci sono quelle di Grace Potter, che ne fece una struggente versione tributo e del gruppo indie Girl in a Coma.
Il brano si presta bene alle voci femminili e alle reinterpretazioni teatrali, ma resta profondamente legato all’immagine di Bowie come Jareth. È una delle canzoni che più di altre dimostrano la sua capacità di fondere musica e immaginario visivo.
The Never Ending Ch-Ch-Changes
Gli anni ’80 di Bowie non furono un capitolo minore, ma un laboratorio di trasformazioni. Ziggy, Major Tom e il Thin White Duke sembravano consegnati al passato, ma sopravvivevano sotto nuove forme.
Bowie non smise mai di cambiare pelle, affrontando il pop con la stessa serietà con cui aveva affrontato l’avanguardia.
Mentre ci si chiedeva quale fosse il suo capolavoro – Heroes? Let’s Dance? – lui ricordava che l’arte non ha un’età precisa: è morta con lui a 69 anni, ma rinasce come una fenice ogni volta che qualcuno preme play da qualche parte, su una boom-box o Spotify.
Una sua canzone può cambiare atmosfera anche alla Sagra dei Fighi di Monteleone, trasformare un momento banale in un rito collettivo.
Persino le sue battute taglienti – come quando definì Celentano “un idiota” – fanno parte della leggenda.
Bowie negli anni ’80 fu tutto questo: geniale, crudele, popolare e visionario, capace di coniugare filosofia, teatro e spettacolo, senza mai chiedere il permesso a nessuno.