Nell’oceano senza fondo delle riscoperti musicali, poche correnti hanno catturato l’immaginario collettivo come il City Pop giapponese.
Nato tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta, il City Pop era la colonna sonora perfetta di un Giappone in corsa verso il futuro, tra autostrade illuminate al neon, stereo hi-fi e sogni di una modernità senza freni.
Ma quello che un tempo era un genere di nicchia, legato all’ascesa economica nipponica, oggi è diventato un fenomeno virale su TikTok, spinto da un’onda nostalgica che ha riportato in auge artisti come Tatsuro Yamashita e Tomoko Aran.
Anche io sono stato contagiato da questa febbre al punto da iniziare a collezionare vinili e persino comporre un brano in stile City Pop con il mio progetto musicale Tiny Tide: “アストロボーイ”.
Ma come siamo arrivati fin qui? E come si colloca il City Pop all’interno dell’evoluzione del pop giapponese?
1. L’alba del pop giapponese: dagli anni ’50 ai ’60
Il pop giapponese ha origini lontane, affonda le sue radici nella musica tradizionale come il Min’yō e il Nagauta, prima di contaminarsi con influenze occidentali.
Con l’occupazione americana del Giappone dopo la Seconda Guerra Mondiale, il paese assorbe nuovi generi come il jazz, lo swing e il rock’n’roll, creando un melting pot sonoro che avrebbe dato vita al Kayōkyoku.
Questo genere, predominante negli anni Cinquanta e Sessanta, si distingue per melodie orecchiabili e arrangiamenti orchestrali.
“Sukiyaki” di Kyu Sakamoto ne è l’esempio più noto: una ballata malinconica che, nonostante il titolo internazionale evocativo di un piatto giapponese, parla in realtà di un amore perduto.
Fu uno dei pochissimi brani giapponesi a scalare le classifiche americane, arrivando al primo posto della Billboard Hot 100 nel 1963, un risultato che rimane tuttora senza eguali per un artista nipponico.
2. Gli anni Settanta: la nascita del J-Pop
Negli anni Settanta, il J-Pop comincia a prendere forma grazie alla fusione del folk giapponese con il rock e il pop occidentale.
Questo periodo segna la transizione tra il Kayōkyoku e una nuova ondata di artisti che iniziano a sperimentare con sonorità più moderne e sofisticate.
Yuming (Yumi Matsutoya) porta un’innovazione fondamentale con le sue melodie raffinate e arrangiamenti ispirati alla musica soft rock americana.
Haruomi Hosono sperimenta con elementi funk, disco e persino elettronica, ponendo le basi per la futura esplosione del City Pop.
Parallelamente, il folk rock giapponese vive un momento di grande popolarità, con artisti come Yosui Inoue che portano introspezione e poesia nei testi.
Verso la fine del decennio, il J-Pop si cristallizza come un genere autonomo, con un’identità distinta e un pubblico sempre più ampio, pronto ad abbracciare la rivoluzione musicale degli anni Ottanta.
3. L’età d’oro del City Pop
Gli anni Ottanta sono il decennio d’oro del City Pop, un periodo in cui il Giappone è in piena espansione economica e le metropoli vibrano di luci al neon, mode sofisticate e tecnologia d’avanguardia. In questo contesto, Tatsuro Yamashita diventa il re del genere con il suo album Ride on Time, un concentrato di groove e synth che incarna alla perfezione l’ottimismo dell’epoca. Il brano omonimo, con la sua produzione impeccabile e un sound che mescola AOR (Adult-Oriented Rock), jazz fusion, funk e R&B, diventa la colonna sonora ideale di una generazione proiettata verso il futuro.
La capacità di Yamashita di fondere arrangiamenti ricercati con melodie accessibili lo rende una figura chiave del movimento, influenzando artisti come Anri, Mariya Takeuchi e Toshiki Kadomatsu.
Il suo stile, caratterizzato da un uso sofisticato delle armonie vocali e da un’attenzione maniacale ai dettagli di produzione, porta il City Pop a nuovi livelli di raffinatezza.
Oggi, brani come Ride on Time sono diventati cult grazie alla riscoperta del City Pop sui social, dimostrando la capacità senza tempo di questa musica di evocare un senso di nostalgia futuristica.
4. Le voci femminili del City Pop
Se Tatsuro Yamashita rappresenta il lato maschile e solare del City Pop, artiste come Tomoko Aran portano una sensualità più sofisticata e notturna.
Midnight Pretenders è un brano che sembra nato per le luci soffuse di un bar di Tokyo, con il suo groove lento e avvolgente, i sintetizzatori eterei e la voce vellutata della Aran che si muove tra il sogno e la realtà.
Tomoko Aran, meno conosciuta rispetto a Mariya Takeuchi o Anri, ha sviluppato uno stile che mescola l’eleganza del pop giapponese con influenze occidentali, in particolare la new wave e il synth-pop.
Midnight Pretenders è diventato un cult grazie alla riscoperta del City Pop sui social, venendo campionato da artisti contemporanei come The Weeknd nel brano Out of Time, consolidando così il legame tra il passato e il presente del genere.
5. Il declino e il “decennio perduto”
Con lo scoppio della bolla economica nei primi anni ’90, il City Pop inizia a scomparire, travolto dalla crisi finanziaria che cambia radicalmente il panorama musicale giapponese.
La società nipponica entra nel cosiddetto “decennio perduto”, un periodo segnato dalla recessione e da una profonda disillusione collettiva. Questa atmosfera si riflette anche nella musica, che abbandona le sonorità ottimistiche e raffinate del City Pop per orientarsi verso il minimalismo e il grunge.
Tuttavia, brani come Plastic Love di Mariya Takeuchi non svaniscono del tutto. La loro eleganza malinconica li rende testimoni di un’epoca irripetibile, tanto che, anni dopo, il pezzo diventa virale su YouTube e TikTok, rivelando il potere evocativo di una musica che sembrava dimenticata.
Oggi, Plastic Love è considerato uno dei simboli più iconici del City Pop, capace di attraversare generazioni e culture, con milioni di ascolti in tutto il mondo.
6. Gli anni ’90 e lo Shibuya-kei
Dagli anni ’90 nasce lo Shibuya-kei, un genere più indie che fonde elettronica, bossa nova, jazz e pop con una forte impronta estetica e intellettuale.
A differenza del City Pop, che esprimeva lo sfarzo della bolla economica giapponese, lo Shibuya-kei si sviluppa in un’epoca di maggiore disillusione e si rifà a un immaginario più eclettico e cosmopolita.
I Pizzicato Five, con il loro sound sofisticato e giocoso, diventano il gruppo simbolo del movimento, mescolando ironia, campionamenti retrò e un’estetica che richiama la moda europea degli anni ’60.
Parallelamente, band come i Flipper’s Guitar, guidati da Keigo Oyamada (Cornelius), portano avanti un approccio più sperimentale, ispirato alla psichedelia e all’elettronica.
Lo Shibuya-kei, pur non avendo la stessa longevità commerciale del City Pop, ha influenzato profondamente la scena musicale giapponese e internazionale, lasciando un segno indelebile nel pop alternativo globale.
7. Gli anni 2000 e il ritorno del J-Pop
Con l’arrivo degli anni 2000, il J-Pop torna protagonista grazie ad artisti come Hikaru Utada, che fondono R&B e pop elettronico, portando una nuova freschezza alla scena musicale giapponese.
Utada, con il suo album di debutto First Love, non solo ha battuto record di vendite in Giappone, ma ha anche ridefinito i canoni del pop nipponico, influenzando generazioni di artisti a venire.
Parallelamente, questo periodo vede anche la consacrazione di Ayumi Hamasaki, spesso paragonata a Madonna per la sua capacità di reinventarsi, e Namie Amuro, che porta un mix di J-Pop, hip-hop e dance.
Questo decennio segna anche l’influenza crescente della K-Pop wave, che inizia a guadagnare popolarità in Giappone, portando un’interazione tra le due scene musicali.
Il J-Pop degli anni 2000 diventa così un crocevia di influenze globali, unendo elettronica, hip-hop e ballad romantiche, con produzioni sempre più elaborate e internazionali.
Questo mix di sonorità pone le basi per l’esplosione di fenomeni successivi come Perfume, Arashi e Kyary Pamyu Pamyu, che portano il pop giapponese nel mondo digitale e oltre.
8. L’era di internet e la rinascita del City Pop
A partire dal 2010, il City Pop viene riscoperto grazie a YouTube e Spotify, con brani dimenticati che iniziano a essere riproposti negli algoritmi di raccomandazione musicale.
Uno dei casi più emblematici è quello di Miki Matsubara, la cui voce raffinata e l’interpretazione malinconica di Stay With Me hanno catturato l’attenzione di un pubblico globale.
Il pezzo, originariamente pubblicato nel 1980, si distingue per il suo arrangiamento sofisticato, caratterizzato da morbidi accordi di pianoforte, un basso pulsante e un cantato che trasmette un senso di nostalgia senza tempo.
Nel 2020, il brano è diventato virale su piattaforme come TikTok e YouTube, con milioni di utenti che hanno contribuito alla sua rinascita attraverso video estetici e remix.
Questo revival ha portato Stay With Me a scalare nuovamente le classifiche digitali, consolidando Matsubara come una delle figure più iconiche del City Pop, nonostante la sua prematura scomparsa nel 2004.
La sua musica, oggi, continua a essere un ponte tra il passato e il presente, dimostrando l’atemporalità e l’universalità del City Pop.
9. City Pop su TikTok e la sua influenza globale
Nel 2020 il City Pop diventa un fenomeno su TikTok, con milioni di utenti che usano brani anni ’80 nei loro video, spesso accompagnati da filtri estetici in stile VHS, animazioni glitch e scenari urbani illuminati al neon. Questo revival ha riportato in auge artisti come Anri, la cui voce vellutata e gli arrangiamenti sofisticati di brani come Bay City evocano l’epoca dorata delle notti giapponesi.
Parallelamente, il fenomeno si espande anche in Occidente, dove il sound del City Pop inizia a influenzare artisti come The Weeknd, che ha incorporato campionamenti e atmosfere nostalgiche in brani come Out of Time.
Anche band come Vulfpeck e il movimento vaporwave attingono al City Pop, reinterpretandone le sonorità con un approccio moderno e sperimentale.
Questo intreccio tra passato e presente dimostra come il genere, nato nelle metropoli giapponesi degli anni Ottanta, continui a vivere in una nuova dimensione globale.
10. Il mio viaggio nel City Pop e “アストロボーイ”
La passione per il City Pop ha finito per contagiare anche me! Ho iniziato a collezionare vinili giapponesi vintage di questo genere, scoprire perle nascoste e rimanere rapito dai loro groove sofisticati.
In particolare, gli Off Course hanno rappresentato una grande ispirazione per il mio brano アストロボーイ. La loro abilità nel creare melodie ad alto impatto emotivo e gli arrangiamenti raffinati, uniti all’approccio cantautorale di Kazumasa Oda, hanno influenzato il mio modo di comporre e strutturare il brano.
Con il brano “アストロボーイ” ho cercato di catturare quella nostalgia luminosa tipica del genere, con armonie vocali stratificate, linee di basso morbide e sintetizzatori che evocano il bagliore delle notti giapponesi anni ’80.

Il titolo stesso è un omaggio alla cultura pop giapponese, ispirato alla figura dell’Astro Boy di Osamu Tezuka, un’icona dell’ottimismo futuristico che ben si sposa con le atmosfere del City Pop.
“アストロボーイ” è, per me, un viaggio sonoro che fonde passato e presente, un tributo personale a un genere che continua a far vibrare tanti appassionati di musica in ogni angolo del mondo.
Oltre le luci al neon: il City Pop e il futuro della nostalgia

Il City Pop non è solo un genere musicale: è una finestra su un’epoca di sogni, luci al neon e melodie sofisticate. È la dimostrazione che la musica non muore mai, ma si trasforma, attraversando epoche e generazioni.
Come Taro Urashima, il pescatore della leggenda giapponese che, dopo aver salvato una tartaruga, viene condotto nel magico palazzo sottomarino di Ryūgū-jō, anche il City Pop sembra essere scomparso nel tempo, solo per riemergere con una nuova consapevolezza, portando con sé il fascino di un’epoca passata. E chissà, magari il prossimo Tatsuro Yamashita è già su TikTok, pronto a conquistare il mondo con il suo sound.