La rivoluzione videoludica può iniziare in una sala giochi qualunque, con pochi pixel verdi su sfondo nero e un ritmico rumore degli alieni in sottofondo.
Nel 1978 successe proprio questo: il cabinato arcade di Space Invaders apparve come per magia e cambiò per sempre la storia del gaming.
Creato in Giappone dal game designer Tomohiro Nishikado 西角友宏, Space Invaders è considerato il gioco più influente di sempre, un’idea geniale e semplice che trasformò le sale giochi e la cultura pop mondiale.
Origini di un Fenomeno Arcade

All’epoca della sua uscita, Space Invaders fece scalpore. Distribuito inizialmente in Giappone nel 1978, il gioco divenne subito un fenomeno sociale.
Si racconta che molti negozianti, fiutando il successo, convertirono i loro locali in sale giochi riempiendoli di cabinati dedicati a questo titolo.
Alcuni installarono perfino altoparlanti esterni per diffondere il tum-tum-tum incessante degli alieni in marcia – il tipico rumore degli alieni nel gioco – così da attirare clienti curiosi.
Una leggenda metropolitana narra addirittura che Space Invaders fosse così popolare da causare una temporanea carenza di monetine da 100 yen, costringendo il governo giapponese a coniarne di nuove.
Dietro questo boom c’era la mente di Tomohiro Nishikado, un ingegnere che dovette costruire hardware su misura per realizzare la sua visione.
Nishikado si ispirò alla fantascienza (dai B-movie alle storie alla War of the Worlds) e ai videogiochi precedenti come Breakout, ma con Space Invaders introdusse qualcosa di rivoluzionario.
Il suo coin-op era il primo videogioco in cui dei nemici potevano sparare al giocatore, ribaltando la dinamica classica e aumentando il coinvolgimento. Space Invaders fu il primo gioco arcade con una colonna sonora continua: la celebre marcia aliena che accelerava man mano che distruggevamo gli invasori.
Persino la classifica dei punteggi (high score) ebbe in Space Invaders una delle sue prime implementazioni, alimentando la competizione tra i giocatori.
Nishikado stava gettando le fondamenta dell’era d’oro degli arcade e inaugurando un nuovo modo di concepire i videogame.
Non sorprende quindi che nel giro di un anno Space Invaders dominasse le sale giochi di mezzo mondo e inaugurasse il mito dell’arcade moderno.
Gameplay e Caratteristiche Tecniche
In Space Invaders il giocatore controlla una base laser (un cannone mobile) posizionata in fondo allo schermo.
L’azione è semplice ma incalzante: ondate di alieni pixellati discendono dall’alto in formazione rettangolare, spostandosi orizzontalmente e avanzando di riga in riga.
Il giocatore può muoversi solo a sinistra e destra e dispone di un singolo pulsante per sparare missili verso l’alto. (Curiosamente, il modello upright americano non aveva joystick: il cabinato era dotato di 3 pulsanti – SINISTRA, DESTRA e FUOCO – al posto della leva di movimento).
L’obiettivo di Space Invaders è distruggere i nemici alieni prima che raggiungano la base terrestre: se anche un solo invasore tocca il suolo, la partita termina.
Si parte con un certo numero di “vite” (cannoni); quando tutte le basi del giocatore vengono distrutte dal fuoco nemico, il gioco finisce.
Il fascino di Space Invaders risiede nella sua progressione incessante: ogni volta che eliminavamo tutti gli alieni sullo schermo, ne compariva un’altra ondata, leggermente più veloce e posizionata un po’ più in basso.
In pratica il gioco di Space Invaders non ha un finale – continua a loop finché il giocatore riesce a resistere, accumulando punti.
Questo incremento di velocità non era programmato intenzionalmente, ma derivava da un limite tecnico: con meno alieni sullo schermo, la CPU principale: Intel 8080 (@ 1,9968 Mhz) riusciva a calcolare i movimenti più rapidamente, facendo accelerare gli ultimi nemici insieme al ritmo sonoro.
Anziché correggerlo, Nishikado lo trasformò in una meccanica di difficoltà crescente, rendendo il gioco sempre più adrenalinico.
Il comparto audio era altrettanto innovativo per l’epoca: il coin-op non aveva una melodia tradizionale, ma utilizzava un chip audio: Texas Instruments SN76477 (@ 1,9968 Mhz) per produrre effetti sonori e la famosa “marcia” aliena in quattro tonalità, sincronizzata col movimento nemico.
Dal punto di vista tecnico, Space Invaders girava su un hardware progettato ad hoc. Il cuore era un microprocessore Intel 8080 a ~2 MHz, affiancato da circuiti analogici e dal chip sonoro dedicato SN76477.
La grafica era in bianco e nero su monitor CRT, ma Taito ingegnò un trucco ingegnoso: applicò sullo schermo delle strisce di pellicola trasparente colorata (verde in basso, arancio in alto) per dare l’illusione di grafica a colori.
Il gioco supportava fino a 2 giocatori alternati (ognuno con le proprie vite a disposizione) e memorizzava il punteggio più alto ottenuto, invitando alla competizione per scalare la classifica locale.
In quanto al punteggio, ogni tipo di nemico valeva un certo valore:
- un Invasore grande 10 punti;
- uno medio 20 e uno piccolo30 punti;
- il misterioso UFO (la “nave madre” che attraversa lo schermo di tanto in tanto) assegna un bonus variabile tra 50 e 300 punti.
La caccia al punteggio era aperta e ben presto nacquero tecniche per massimizzarlo (ad esempio scoprendo che colpendo l’UFO sempre dopo un determinato numero di colpi sparati si ottenevano i 300 punti bonus quasi con certezza).
Strategie di Gioco e Impatto Culturale

Nonostante le meccaniche essenziali, Space Invaders richiede strategia e sangue freddo. I giocatori esperti capirono presto che non si poteva sparare a caso sperando di colpire qualcosa: era fondamentale pianificare una strategia, sfruttare ogni vantaggio offerto dallo scenario e affrontare gli alieni in modo metodico. Ad esempio, conviene eliminare per prime le colonne di invasori sul lato verso cui il gruppo si sta muovendo, così da rallentare la discesa dell’armata nemica.
Il giocatore può proteggersi dietro a quattro basi difensive (dei rifugi semi-distruttibili sullo schermo) e usarle a proprio vantaggio come scudi. Tuttavia, gli alieni le erodono progressivamente a colpi di laser, quindi queste barriere offrono solo un riparo temporaneo.
Un trucco comune è aprirsi un varco al centro di una base, in modo da sparare agli alieni da posizione coperta. In Space Invaders conviene distruggere i nemici in modo mirato: lasciare un solo alieno alla fine di un’onda può diventare rischioso, perché l’ultimo invasore sfreccia velocissimo da una parte all’altra dello schermo. In compenso, con un singolo bersaglio rimasto è più facile prevedere i suoi movimenti e colpirlo al momento giusto.
Insomma, Space Invaders trasformò anche la strategia di gioco in qualcosa di approfondito, gettando le basi per il genere shoot ’em up e insegnando ai giocatori concetti come la gestione del ritmo di fuoco e il controllo del territorio (ad esempio, creare un “corridoio” pulito da alieni per avere un momento di respiro).
Il successo travolgente di Space Invaders non si limitò al mondo dei videogiochi, ma si riflesse nella cultura popolare.
L’iconografia degli “invaders” – gli alieni pixelati a forma di piovra, granchio e calamaro – divenne un simbolo universale del gaming, riconoscibile anche da chi non frequentava le sale giochi. Merchandising, t-shirt e riferimenti in film e musica spuntarono ovunque.
Addirittura, Space Invaders comparve come protagonista in un episodio della serie anime Lupin III: nella puntata n. 111 della seconda serie, intitolata Il gioco degli invasori, Lupin e compagni sono intrappolati da un miliardario eccentrico in una stanza in cui devono vincere una partita a Space Invaders per poter aprire una cassaforte. In quella scena surreale, il gioco è collegato a trappole mortali: ogni volta che un’astronave aliena compare sullo schermo, una controparte meccanica esce dalle pareti per colpire i nostri eroi.
Questo curioso cameo è la prova di quanto Space Invaders fosse entrato nell’immaginario collettivo già alla fine degli anni ’70, diventando sinonimo stesso di “videogioco”.
Non va dimenticato l’effetto che Space Invaders ebbe sull’industria: il suo successo diede il via alla cosiddetta età dell’oro degli arcade.
Molti sviluppatori furono ispirati da quell’idea semplice e brillantissima – combattere astronavi aliene con una base solitaria – e nacquero innumerevoli cloni e seguiti.
Taito realizzò sequel ufficiali (come Space Invaders Part II nel 1979), mentre altri crearono variazioni sul tema (da Galaxian a Galaga, fino a Phoenix e oltre).
Senza Space Invaders, probabilmente non avremmo avuto la stessa esplosione di creatività nei giochi a schermata fissa e sparatutto.
Ancora oggi, a decenni di distanza, il nome evoca immediatamente l’era dei cabinati arcade e le prime sfide videoludiche della storia.
Domande frequenti su Space Invaders (Arcade)
Space Invaders era un gioco arcade?
Sì, Space Invaders nacque come gioco arcade coin-op da sala giochi. Fu sviluppato dalla Taito e distribuito inizialmente in Giappone nel 1978 come cabinato dedicato, diventando uno dei titoli più celebri della “Golden Age” degli arcade. In altre parole, Space Invaders è un videogioco arcade a tutti gli effetti, forse il più emblematico di sempre.Come si completa Space Invaders in versione arcade?
In realtà Space Invaders non ha un finale tradizionale. La versione arcade è progettata per essere endless, cioè infinita: ogni volta che si elimina un’armata di alieni, ne appare un’altra subito dopo (spostata più in basso e più veloce). Il gioco continua così all’infinito, o quantomeno finché il giocatore riesce a sopravvivere. Non esiste un ultimo livello né una schermata di “congratulations”; l’obiettivo è durare il più a lungo possibile e realizzare il punteggio più alto. In pratica, si può considerare “completato” solo quando si perdono tutte le vite e la partita termina – a quel punto si cerca semplicemente di battere il record precedente.Si può ancora giocare a Space Invaders?
Certamente, Space Invaders è tuttora giocabile in molte forme. Gli appassionati possono trovare i cabinati originali nei musei del videogioco o in alcune fiere del retrogaming. Inoltre il gioco è stato ripubblicato e portato su moltissime piattaforme nel corso degli anni: dalle console domestiche (celebre la versione per Atari 2600 del 1980) ai computer, fino a raccolte e remake per piattaforme moderne. Esistono versioni per smartphone, edizioni celebrative (come Space Invaders Anniversary o Space Invaders Extreme) e persino piccoli arcade portatili dedicati. Insomma, tra emulazione, riedizioni ufficiali e apparizioni in raccolte retro, Space Invaders è più vivo che mai e si può facilmente rigiocare ancora oggi.Come si gioca a Space Invaders in versione arcade?
La versione arcade di Space Invaders ha comandi semplici: il giocatore usa due pulsanti direzionali (sinistra e destra) per muovere la base/cannone laser orizzontalmente, e un pulsante per sparare. Lo scopo è difendere la Terra eliminando tutti gli alieni sullo schermo prima che questi raggiungano la parte bassa. Ci sono quattro barriere dietro cui ci si può riparare temporaneamente dai colpi nemici. Il gioco inizia con tre vite (tre “basi” a disposizione); si perde una vita se il nostro cannone viene colpito da un laser alieno o se un alieno riesce a atterrare. Ogni ondata di invasori eliminata ne fa comparire un’altra più difficile, e il giocatore prosegue così accumulando punti finché ha vite rimaste. In sintesi: Space Invaders si gioca spostandosi a destra e sinistra schivando i colpi, sparando agli alieni senza sosta e cercando di resistere il più possibile all’invasione aliena pixelata!
Insert Coin
Space Invaders non è soltanto un vecchio gioco arcade: è un capitolo fondamentale della storia tecnologica e culturale.
Con i suoi pixel spartani e il suo gameplay ripetitivo ma ipnotico, è riuscito a catalizzare l’attenzione di milioni di persone e a dimostrare il potenziale del medium videoludico.
Space Invaders ha insegnato che poche regole ben congegnate possono generare profondità di gioco e coinvolgimento emotivo. Ha portato i videogiochi fuori dai laboratori e dai circoli di appassionati, piazzandoli nei bar, nelle pizzerie, ovunque ci fosse una presa di corrente e ragazzi disposti a infilare monetine in cambio di un sogno di eroismo intergalattico.
In un’epoca in cui il mondo scopriva i personal computer e la Guerra Fredda alimentava paure cosmiche, Space Invaders seppe dare forma ludica all’eterna fantasia dell’invasione dallo spazio – permettendo a chiunque, per una manciata di lire, di diventare l’ultimo baluardo dell’umanità contro gli alieni.
Ancora oggi, il fascino vintage di Space Invaders resiste: il suo DNA scorre nei videogiochi moderni e la sua sagoma di pixel è venerata come icona.
Giocarlo significa fare un tuffo alle origini stesse del gaming, un’esperienza quasi archeologica e ancora sorprendentemente divertente.
Dopotutto, i classici non tramontano mai, e Space Invaders rimane, senza dubbio, l’arcade che ha cambiato la storia del gaming.