Diario di bordo, seconda puntata
Non so se Cesena sia davvero meglio di Amsterdam. Lo dico pensando al coro da stadio, quando lo cantano con la voce rotta, un po’ per scherzo, un po’ per tigna, un po’ per amore. L’interrogativo però rimane. Non so se voglio proprio una risposta. In fondo si tratta solo di appunti sparsi in un monitor mentre cerco di scrivere un nuovo album. Quando si scrive, più che certezze servono domande.
Da quello che raccontano Amsterdam sembra una figata. Non ci sono mai stato, davvero. Non l’ho mai visitata nei sogni, nemmeno nei programmi last minute. A dire il vero non rientra nemmeno nei top posti che vorrei visitare e non ci penso quasi mai, tranne quando mi capita di ascoltare certe cover strane nelle B-side di Bowie.
E mi viene in mente che Bowie, per trovare ispirazione e sognare il resto del mondo, era andato a Berlino. Lì ha scritto alcune delle sue cose più belle, sotto un cielo grigio e abbracciando più di un synth analogico.
Ci sono artisti che hanno trovato ispirazione soggiornando in città straniere: Bon Iver in una baita del Wisconsin, i dEUS a Bruxelles, Nick Cave a Londra e poi a Brighton, perfino artisti italiani che ad Amsterdam hanno scoperto un altro lato di sé. Io semplicemente non posso permettermelo. Non adesso. Poi più che un appartamento scrauso sul porto di Amsterdam, a dire il vero, preferirei in un faro in Montenegro, con il rumore delle onde a farmi da metronomo, oppure su una piccola isola irlandese tutta verde, piena di oggetti e creature arancioni, dove ogni nuova passeggiata diventa un testo e ogni nebbia una melodia.
A Cesena invece ci vivo. Mi tocca fare da qui. E forse già questo basta per dire che, almeno per me, Cesena è meglio.
Il tempo a Cesena si muove come una ballata degli anni ’80: lenta, piena di pause, con un ritornello malinconico che ti resta in testa mentre vai a prendere il pane e ti accorgi che la commessa è cresciuta con te.
La festa è dove capita. Anche se, a dire il vero, io non sono mai stato uno da festa. Non mi piace ballare, non mi piace gridare nei locali. La mia musica è più contemplativa. Più da angolo, da taccuino aperto e silenzio rispettoso. Ma pure se non ci vai, la festa in Romagna ti arriva lo stesso. Magari in un garage con la chitarra scordata, o in una festa di paese dove cantano ancora “Cuore matto” con un bicchiere di San Giovese in mano. Provare a scappare? Ti tengono per il colletto per non lasciarti andare.
Negli anni ’80 ascoltavo i dischi con le cuffie enormi, quelle che sembravano due padelle. Registravo su cassetta in mono canzoni che di Amsterdam non avevano nemmeno un ponte. Il mio mondo aveva per confine la Rocca Malatestiana e il bar con Bubble-Bobble. La musica era più un sogno che un prodotto finito da caricare su Spotify.
Il nuovo album lo sto registrando in casa, a pochi passi da dove ho comprato la prima cassettina dei Beatles. Al posto del negozio di dischi ora c’è una boutique.
Ho pensato tanto a cosa significhi davvero fare musica oggi. Amsterdam ti dà mille occasioni, mille vetrine. Cesena ti dà per lo più silenzi, soprattutto d’estate, quando tutti sono in Giappone o al mare. Nei silenzi, se sai ascoltare, ci trovi le melodie strane.
E allora sì. Per oggi, mentre registro un pezzo e fuori attendo quel sole che mi avevano promesso gli A-Ha nei videoclip, Cesena è meglio di Amsterdam.
Domani, chissà. È importante capire da dove siamo partiti per intuire dove stiamo andando. Per questo ho voluto sfruttare questo post per fare un po’ di ordine sulle mie produzioni.
Dalle radici anni ’80 al sogno indie di oggi
Negli anni ’80 fare musica in Italia era un atto di fede, un’urgenza viscerale. Immaginate la Romagna di quel periodo: terra di balere liscio e prime cassette new wave, dove nei garage e nelle cantine si urlava mentre i vicini stappavano bottiglie alle sagre.
Cesena non aveva (ancora) i locali alternativi di Amsterdam o Manchester, ma aveva un fermento sotterraneo, feste e concerti DIY, fanzine fotocopiate e radio libere.
Si respirava l’odore genuino dell’underground italiano, fatto di errori, tentativi e tonnellate di passione.
Mentre Amsterdam offriva tentazioni cosmopolite, ho assorbito il meglio della musica italiana e straniera dalla provincia: dal rock cantautoriale fino ai Joy Division.
Questo humus locale mi ha instillato ironia e romanticismo – tratti distintivi che Sentireascoltare ha ritrovato nel mio primo gruppo, i Tiny Tide, sottolineando “l’ironia, il romanticismo e le melodie mai scontate”.
La differenza tra ieri e oggi è abissale: negli ’80 registravi su quattro piste in cantina; oggi puoi comporre intere sinfonie con l’AI.
Gli esordi di Mark Zonda (1993–2006): dalle “bolle pop” all’ambient drone
Muovo i primi passi musicali come Mark Zonda alla fine degli anni ’90, gettando semi che germoglieranno nel nuovo millennio.
1993: un ragazzo cesenate diciannovenne registra le sue prime demo (una di queste intitolata proprio “1993”). Sono esperimenti grezzi ma sinceri, nati più per urgenza espressiva che per calcolo.
Bisogna arrivare al 1999 per il primo frutto maturo: l’album Feel the Blank. Mi sono inconsapevolmente presentato al monto musicale locale con un ventaglio di influenze eclettiche.
“Coloratissime bolle pop” piene di echi di Beatles, Magazine e Blur svolazzano nell’aria, mentre brandelli di new wave asettica e glaciale alla Ultravox sbucano qua e là. C’è perfino qualche melodia kitsch infilata di soppiatto a rendere il tutto irresistibile. Semplicità e originalità sono di casa sul pianeta Mark Zonda, lontano anni luce dall’assordante crossover che domina le classifiche” – rockit.it
Ed è proprio così! A cavallo del 2000, mentre nel mondo impazza il nu metal, sforno un disco indie-pop/trip-hop ingenuo e brillante, lontano dalle mode del momento.
Feel the Blank funziona maledettamente bene: anche senza il pezzo super acchiappone da classifica, regala 13 tracce piacevoli e fresche, evitando paragoni imbarazzanti coi Lunapop. Mark Zonda si rivela una sorpresa: un outsider capace di mescolare lo-fi e ambizione melodica in un’epoca dominata dai suoni pompati. – rockit.it
Sull’onda di questo esordio, nel 2002 arriva l’EP Heaven. Meno documentato dalla critica, Heaven EP resta un tassello di crescita. Ma il vero salto fuori dalla comfort zone avviene con De-Constructure 306 nel 2006. Quest’opera è definita come “colonna sonora ambient-drone”.
Immaginate la scena: chiuso in cameretta a Cesena, smanettando con tastiere e loop creando paesaggi sonori rarefatti, mentre fuori dalla finestra passa l’autunno romagnolo. De-Constructure 306 è stato un viaggio sonoro coraggioso, senza parole, abbandonando i Beatles per droni ambient. In quel periodo, tra l’altro, il talento ricevo riconoscimenti anche fuori dal campo musicale: la rivista online giapponese Shift Magazine mi inserisce tra i primi cinque digital visual designer italiani negli anni ’90. Insomma, un nerd artistico ante litteram, diviso tra computer e chitarra. La seconda metà degli anni 2000 sono pronto per un nuovo progetto legato alla neonata scena indie italiana.
Tiny Tide: l’indie-pop romagnolo che conquista i Duemila
2007. Dopo aver visto esibirsi un duo indie britannico, arriva l’illuminazione: formare una band.
Nascono così i Tiny Tide, ufficialmente fondati a Cesena nel 2007. In due settimane arrivano i miei compagni mugiwara: il violinista/bassista Manuel, il batterista Joe Pistocchi (dei Fitness Pump) e un Porlock.
L’entusiasmo è alle stelle e la neo-band si butta subito a creare nuove canzoni. A fine 2007 i Tiny Tide pubblicano The Ronta EP, il primo EP autoprodotto.
Il singolo “Girls From Ronta” – dedicato ironicamente alle ragazze di una frazione della Romagna profonda – diventa un piccolo cult: viene passato in radio indipendenti non solo in Italia, ma anche in Inghilterra, Belgio e perfino California!
Un successo underground che testimonia come il cuore romagnolo dei Tiny Tide abbia risonanza internazionale.
In breve arrivano curiosità anche dall’estero: un DJ olandese noto come Da Wikked remixa Girls From Ronta, mentre omaggiammo amici stranieri con cover inaspettate – trasformando “Niño” dei messicani Belanova in una ballata folk ribattezzata “Girlfriend”, e rifacendo “Go Ego Go” degli svedesi Lacrosse. Questo meltin’ pot di musica indie globale e attitudine locale diventa il marchio di fabbrica dei Tiny Tide.
Nel 2008 la band subisce un rimpasto: Porlock e Pistocchi lasciano, subentrano il batterista Mic Star e il chitarrista Dendrix.
I Tiny Tide calcano vari palchi a fianco di band internazionali indie: aprono per gli inglesi Santa Dog, gli svedesi Homes, i francesi Ladybird e gli amici italici The Clever Square, Heike Has The Giggles, Les Fauves e Amor Fou.
La provincia romagnola diventa crocevia di band estere in tour e i Tiny Tide sono lì, a rappresentare la scena indie italiana con orgoglio.
Cesena è meglio di Amsterdam, dopotutto? Forse sì, almeno stando a queste serate dove una piccola band locale tiene testa a colleghi da tutta Europa.
Intanto, come Mark Zonda ho continuato a produrre musica a raffica. Tra 2010 e 2011 i Tiny Tide pubblicano una serie impressionante di EP e singoli: MoonTalking (2010) esplora atmosfere lunari e romantiche, poi nel 2011 escono Febrero, There’s A Girl That Never Goes Out (chiara allusione agli Smiths), Plato’s Summer Stars, Fall to Fall, A Protest EP e persino A Christmas Without Carol EP – un EP natalizio sui generis.
Questa produttività folle – sette uscite ufficiali tra album ed EP solo nel 2011! – fa dei Tiny Tide una cult band dell’indie-pop italiano.
Sentireascoltare, importante webzine, li loda per “l’ironia, il romanticismo e le melodie mai scontate”, riconoscendo nelle canzoni un mix di leggerezza e sentimento che rende i Tiny TIde immediatamente riconoscibili.
In effetti, la musica dei Tiny Tide di quegli anni è un cocktail agrodolce: melodie fresche e jangly, testi sognanti e autoironici, un approccio DIY che mescola cantautori italiani e riferimenti brit-pop.
Sul sito ufficiale e su Bandcamp, descrivevo i Tiny Tide come un progetto che fonde “l’energia melodica dei Beatles, il sarcasmo di Elvis Costello e il fascino nostalgico degli Weezer”, mescolando “vibrazioni rétro, testi dal cuore e melodie lo-fi pop”.
Il 2013 è l’anno di gloria e di follia creativa per i Tiny Tide. Mark Zonda sforna tre album in dodici mesi, ciascuno con un concept e un mood diverso.
Around The World In Eighty Dates (Gennaio 2013) è un viaggio immaginario in giro per il mondo tra appuntamenti romantici e disavventure pop.
White Monster (Marzo 2013) gioca con sonorità più grintose e fiabesche. E a fine settembre 2013 esce Meat Is Moroder.
Già dal titolo si capisce l’ennesima ironia Zondiana: un tributo a Giorgio Moroder e alla disco anni ’80, ma anche un love letter ai The Smiths (il gioco di parole tra “Meat Is Murder” e Moroder).
La recensione su Rockit esulta definendo l’album “un caleidoscopio, un chewing gum con l’acido dentro. Affascinante”.
In effetti Meat Is Moroder è un trip sonoro incredibile. Rock it parla di “12 pezzi pieni di freschezza psichedelica che fanno venir voglia di averne ancora”.
Ci ho infilato dentro di tutto: dai Magnetic Fields ai primi Flaming Lips che sbucano in brani come “Hi Slug!” o “Liam Don Eggs”; c’è la psichedelia shoegaze mischiata al piglio pop; ogni tanto spuntano synth anni ’80 alla AIR (“Synth Disco Legend”) o tributi citazionisti ai Nirvana (“Royal Park” rilegge All Apologies in salsa indie).
“I’m In Love With Kurt (But I Really Like Giorgio Moroder)” – già il titolo è tutto un programma – unisce chitarre grunge e synth da discoteca in un abbraccio surreale.
Il risultato? Un album strabordante di idee, dove “gli strumenti sembrano uscire da una valigia troppo colma” (rockit.it) per quante cose succedono.
Eppure il disco non collassa: anzi, “possiede una freschezza che ti fa finire per chiederne ancora”.
La critica lo consiglia a pieni voti definendolo “molto affascinante, un chewing gum all’acido”.
Insomma, Meat Is Moroder consacra Mark Zonda come artigiano pop di razza, capace di giocare coi riferimenti colti e la leggerezza pop in modo unico.
A questo punto, dopo la sbornia creativa del 2013, i Tiny Tide rallentano. Nel 2014 esce HumpDay LoverDose, ultimo album della band prima di una lunga pausa. Di fatto gli ultimi album erano completamente suonati da me.
È un disco che chiude un’era – un saluto al decennio prolifico dei Tiny Tide. Non a caso passeranno dieci anni prima di un nuovo album a nome Tiny Tide. Nel frattempo, mi è capitato di esplorare nuove strade artistiche. È il momento di Zondini, progetto in Italiano.
Zondini: “un progetto pop sofisticato” tra rétro e moderno
Con l’inizio degli anni 2010, decido di mettermi in gioco nella lingua madre. Nasce così “Zondini”, un progetto parallelo.
Se Tiny Tide era l’anima Beatlesiana e internationale, con Zondini ceco di tirare fuori il mio lato di cantautore italico, con un taglio più sofisticato e riflessivo. Almeno quello era l’intento.
La prestigiosa rivista Internazionale lo definirà “un progetto pop sofisticato, dal gusto rétro ma profondamente contemporaneo”. Cercavo di fondere la scuola dei cantautori italiani con arrangiamenti moderni e tocchi vintage.
Con Re:Visioni del Tempo (2012) “Zondini” ottiene riconoscimenti importanti: l’album viene candidato al Premio Tenco come miglior album dell’anno, un onore riservato ai migliori cantautori.
Nel 2013 pubblico singoli ed EP come Lunedì 7 Ottobre 2013 (una canzone parte di un progetto in cui ho scritto, registrato e pubblicato una canzone al giorno per una settimana) e preparto un nuovo album con una band di supporto denominata “Les Monochromes”.
Nel 2014 esce Chansons Invisibles sotto il nome Zondini et Les Monochromes. Il titolo è emblematico: canzoni invisibili, quasi a dire che sono piccole gemme nascoste, ma è anche un omaggio a Calvino.
L’album viene recensito proprio da Internazionale, che cita tra i brani “Vecchia Romagna” (il titolo richiama infatti il celebre brandy Vecchia Romagna, simbolo nostrano).
Tra cultura pop locale eletteratura (Ippodromo palindromo” ispirato a Calvino) le Chansons Invisibles sono piene di richiami e citazioni, forse non immediatamente memorizzabili ma “servite con l’eleganza di un tè Earl Grey alle cinque” (internazionale.it). In altre parole, la musica fatta a nome Zondini et Les Monochrome offriva un pop intelligente, raffinato, da gustare con calma.
Per Zondini e Les Monochromes quel periodo è fervido: suoniamo in un live contest in Rai nel 2012 portando le nostre canzoni sulla radio nazionale.
Arriva quindi il turno di Noise, album concettuale a tema distopico che esce a gennaio 2016.
Noise conclude la fase Zondini con un’opera a tema futuristico: rumore e alienazione presagiscono alcune ansie contemporanee.
Nel frattempo, un nostro brano inizia a farsi notare: “Miss Italia”. È un pezzo dal tono satirico-nostalgico, che racconta di un incontro con una ex aspirante Miss, usando la metafora del concorso di bellezza per parlare di sogni infranti e quotidianità.
Questa canzone, cantata in italiano con piglio critico e disincantato, viene selezionata per il Sanremo Music Awards 2016 – un contest collegato (anche se distinto) al celebre Festival di Sanremo – proprio in perfetta coincidenza col tema del brano ambientato nella città dei fiori.
Il mio alter ego Zondini viene quindi portato con una nuova band sulle soglie di Sanremo, ulteriore prova di come la sua musica italiana sappia farsi strada.
Il videoclip di Miss Italia, girato dal regista ravennate Matteo Bevlilacqua nel diner stile anni ’50 di Cesena American Graffiti, racconta la vicenda di una modella che si libera per un giorno dalle proprie inibizioni – metafora della libertà che la musica può dare.
Con Noise, Zondini et les Monochromes chiudono un cerchio: dalla nostalgia rétro di Chansons Invisibles al futuro distopico. È il momento di cambiare di nuovo campo da gioco – letteralmente.
Calcetto: brit-pop vs cantautorato indie (2020–2021)
Dopo aver esplorato il pop internazionale e quello italiano d’autore, si fa sentire il richiamo delle chitarre indie rock. Decido di dare vita a una nuova band, stavolta cantando in italiano e ispirandomi tanto al brit-pop quanto al cantautorato moderno.
Nasce Calcetto, un nome che evoca le partita di pallone con gli amici – un’idea di divertimento senza pretese. Il coro da stadio “Cesena è meglio di Amsterdam”?.“
“Calcetto. Suona come l’ennesimo nome del famigerato ‘indie’?” – si chiedeva un recensore – “Può essere… Il calcetto è forse un approccio: divertito e non troppo serioso” (rockit.it). La musica di Calcetto è leggera ma non banale, “canzoni da spogliatoio che non parlano di spogliatoi”.
Il debutto arriva con Punk Vs Mod (EP, aprile 2020), pubblicato dall’etichetta indipendente KinGem.
Già il titolo è tutto un programma: Punk contro Mod, due subculture che negli anni ’70 si ignoravano o sbeffeggiavano a vicenda, qui diventano simbolo di un mix di influenze.
L’EP racchiude 6 brani scritti in una fase di transizione (canzoni composte in una casa nuova, provate in sala prove chitarra e batteria con Nico Zanetti e poi fatte lievitare pian piano in studio). “
“Guardano al futuro, fotografano il presente, ricordano il passato” (rockit.it) dice la descrizione ufficiale: ed è proprio così.
Le canzoni di Calcetto hanno il cuore nel passato (si sente l’amore per gli anni ’90), i piedi nel presente e lo sguardo al futuro.
Musicalmente, l’EP è “un pop graffiato di fresco”, dichiaratamente pop ma sporcato da chitarre e bassi distorti qua e là per dare una scossa.
Mi sono divertito a mescolare diversi riferimenti: nei testi troviamo un gioco di parole come “Joy Divisione”, omaggio scherzoso al mondo indie.
La ricetta di Calcetto mira bene e centra la parola cantautorato ma da cantare senza troppi pensieri, con una band di cinque elementi suonata con gusto e piglio appassionato” – rockit.it.
La critica nota richiami ai cantautori pop degli ultimi 20 anni: c’è un po’ di Samuele Bersani, un po’ del primo Cesare Cremonini (quello post-Lunapop, e persino somiglianze vocali con Gianni Togni.
Un bel minestrone it-pop insaprito con spezie della casa: “Non troppo basico, né troppo sofisticato”.
L’EP Punk Vs Mod mette buon umore immediato con la sua scrittura naif ma efficace.
Nel 2020 Calcetto arrivano due nuovi lavori: Super Zapping e Gazzelle di Piombo & Mattoni di Carbone. L’ultimo è un EP di 6 brani in cui ho cercato di portare oltre la mia ricerca sonora, un viaggio nel sound alternativo degli anni ’90 tra alt-folk americano e brit-pop… ma cantato in Italiano!
L’EP è un omaggio agli idoli generazionali: c’è un tributo esplicito a John Peel (uno dei brani si intitola proprio “John Peel”), riferimenti letterari ad Alexander Blok, il tutto immerso in una produzione dinamica.
Affiancato da qualche collaboratore fidato, ho cercato di fondere suggestioni planetarie in un mondo infreddolito in cerca di una nostalgica coperta di Linus, per riscaldare un presente un po’ freddo e disilluso.
Il risultato è “apprezzabile, brioso nelle dinamiche e curato tanto nelle performance quanto nella cosmesi sonora” – rockit.it.
Se Amsterdam negli anni ’90 era sinonimo di musica elettronica e rave, la mia Cesena nel 2020 pesca dall’indie ’90 e lo reinterpreta, dimostrando che la provincia può reinventare le tendenze a modo suo.
Ritorno al futuro: “My Clubbing Days” e il cerchio che si chiude
La copertina di My Clubbing Days (2024) segna il ritorno dei Tiny Tide dopo dieci anni: un viaggio musicale che unisce passato e presente in undici tracce nostalgiche e intime.
E alla fine, si torna da dove si era partiti: Tiny Tide. Dopo un decennio esatto di silenzio discografico sotto quel nome, nel dicembre 2024 riporto in vita il progetto di indie-pop internazionale con un nuovo album dal titolo My Clubbing Days.
Disponibile su tutte le piattaforme digitali, questo disco chiude il cerchio unendo tutte le mie anime musicali.
L’album è in inglese, come ai tempi d’oro dei Tiny Tide, avvalendosi delle esperienze accumulate in anni di cantautorato e sperimentazioni.
“My Clubbing Days è un viaggio musicale tra nostalgia e introspezione che unisce passato e presente attraverso 11 tracce”, racconterò al corrierecesenate.it.
“Un ponte emozionale, intriso di ricordi e riflessioni sul presente” – ilrestodelcarlino.it
Il concept dell’album nasce dalla constatazione che i giorni passati tra locali e concerti (quei “clubbing days” spensierati) ormai sono ricordi lontani, specialmente per chi – come per la mia generazione – ha vissuto gli anni ’90 e 2000 da protagonista della scena indie.
C’è malinconia ma anche gratitudine nelle canzoni. La title track Clubbing Days è dedicata a un amico DJ che ora fa il giardiniere.
“Rimpiange gli anni passati tra concerti e serate nei locali… troviamo rifugio nei ricordi, è naturale paragonare quei momenti spensierati alla realtà di oggi, ma resta sempre un velo di malinconia” – Mark Zonda – corrierecesenate.it.
Parole che fotografano bene il mood dell’album: dolceamaro, sospeso tra festa e riflessione, tra cuore e disillusione.
Musicalmente My Clubbing Days è un mosaico di influenze: c’è persino il City Pop giapponese degli anni ’80 omaggiato nel singolo “アストロボーイ” (Astro Boy), con ritornello in giapponese e melodie luminose per far scoprire quelle sonorità a chi non le ha vissute.
Ci sono brani pop-rock nostalgici (Dream of Tomorrow parla di giovani precari pieni di sogni ma bloccati dalle ncertezze), ballate intime (Girl in the Rain racconta la solitudine di una ragazza italiana all’estero sotto la pioggia) e pezzi col cuore in mano (Friday’s Needle narra di una ragazza che ascolta i vinili del padre defunto per sentirlo vicino).
Disincanto e speranza danzano insieme.
“My Clubbing Days unisce il passato al presente… ogni traccia esplora una sfumatura diversa della nostalgia, dal city pop giapponese al folk rock malinconico, fino all’energia epica”, un viaggio musicale che vuole connettere “cuore e memoria di tutti gli appassionati di musica indie” – ilrestodelcarlino.it.
L’album, pubblicato a fine 2024, è accolto con interesse sia dal pubblico nostalgico che dai nuovi ascoltatori.
Cesena vs Amsterdam: conclusioni col botto
Allora, Cesena è meglio di Amsterdam? Dopo questo viaggio nella discografia multiforme di Mark Zonda, la domanda resta provocatoria ma assume un senso nuovo.
Amsterdam rappresenta l’altrove, la metropoli dove sembra succedere “la vera scena”; Cesena è il paese, la provincia da cui tutti vogliono scappare per “diventare qualcuno”.
Eppure, non serve emigrare ad Amsterdam per fare qualcosa di significativo. Anzi – concedeteci un po’ di spirito patriottico romagnolo – a volte dalla provincia nascono visioni più originali.
Il paesone romagnolo può diventare un universo.
In un’immaginaria sfida, Amsterdam offre locali alla moda, pubblico internazionale, contesti avanguardisti… ma spesso anche omologazione e trend effimeri. Cesena dal canto suo offre autenticità, mood rilassato, ispirazione dalle piccole cose – e un sano isolamento che ti costringe a inventare il tuo mondo.
Altro che coffee shops: dateci un vinile, un tramonto sulla Rocca Malatestiana e un bicchiere di rosso locale e nascerà una canzone che Spotify non potrà mai uccidere. Cesena batte Amsterdam 1-0 al novantesimo, gol di tacco di Mark Zonda.
Discografia completa di Mark Zonda (alias Tiny Tide, Zondini, Calcetto):
- 1993 – 1993 (Mark Zonda) – Prima demo autoprodotta (registrazioni giovanili).
- 1999 – Feel the Blank (Mark Zonda) – Album d’esordio in inglese. Pop colorato con echi Beatles, Blur e new wave.
- 2002 – Heaven EP (Mark Zonda) – EP di transizione, affina lo stile pop dell’autore.
- 2006 – De-Constructure 306 (Mark Zonda) – Colonna sonora ambient-drone dalle atmosfere sperimentali.
- 2007 – Live @ Retropop 2007 (Mark Zonda) – Registrazione live.
- 2007 – The Ronta EP (Tiny Tide) – EP d’esordio della band indie-pop. Contiene “Girls From Ronta”, passato su radio indipendenti internazionali.
- 2008 – Tiny Tour 2008 (Tiny Tide) – Raccolta live delle date del tour 2008, testimonianza della vivacità live della band.
- 2008 – The February Sessions (Tiny Tide) – Demo/registrazioni preparatorie per l’album Febrero.
- 2009 – Green Light Xmas (Sleepwalking) (Various Artists) – Compilation natalizia indie; Mark partecipa con un brano (SleepWalking).
- 2009 – The WildHeart EP (Tiny Tide) – EP con remix elettronici di Wildheart e il brano inedito “The Smiths & The Cure” (ibrido omaggio alle due band).
- 2009 – Helmut & The Call – Manga SP (Tiny Tide/Helmut & The Call) – Collaborazione split EP con la band Helmut & The Call.
- 2010 – MoonTalking (Tiny Tide) – Album/EP dall’atmosfera sognante e lunare.
- 2011 – Febrero (Tiny Tide) – Album ispirato al mese di febbraio; primo LP ufficiale dei Tiny Tide come band.
- 2011 – There’s A Girl That Never Goes Out (Tiny Tide) – Album ispirato a storie d’amore impossibili.
- 2011 – Plato’s Summer Stars (Tiny Tide) – Album sperimentale estivo.
- 2011 – Fall to Fall (Tiny Tide) – EP autunnale, collaborativo con la band idonesiana Annemarie.
- 2011 – A Protest EP (Tiny Tide) – EP di protesta sociale in chiave indie-pop.
- 2011 – A Christmas Without Carol EP (Tiny Tide) – EP natalizio.
- 2012 – Re:Visioni del Tempo (Zondini) – Album in italiano. Candidato al Premio Tenco 2012 come miglior album (ilrestodelcarlino.it). Pop cantautorale sofisticato.
- 2012 – Live for RAI 2012 (Zondini) – EP live tratto da un contest RAI, testimonia la presenza televisiva.
- 2013 – Around The World In 80 Dates (Tiny Tide) – Album concept di indie-pop cosmopolita.
- 2013 – White Monster (Tiny Tide) – Album dall’anima indie-rock.
- 2013 – Meat Is Moroder (Tiny Tide) – Album lo-fi indie-dance. “Un caleidoscopio… affascinante” (rockit.it).
- 2013 – Lunedì 7 Ottobre 2013 (Zondini) – Raccolta dei singoli pubblicati in un giorno durante una settimana.
- 2014 – HumpDay LoverDose (Tiny Tide) – Album synth-pop e indie-pop.
- 2014 – Chansons Invisibles (Zondini et Les Monochromes) – Album in italiano ispirato al pop rétro. Contiene “Vecchia Romagna” e altri brani. Definito “pop sofisticato, rétro e contemporaneo”.
- 2016 – Noise (Zondini et Les Monochromes) – Album concept distopico. Include il singolo “Miss Italia” (selezione Sanremo 2016) (ocanerarock.com). Atmosfere cupe, elettroniche e new wave.
- 2020 – Punk Vs Mod (Calcetto) – EP d’esordio della band Calcetto. Pop indie graffiante e divetite (rockit.it), sonorità alt-folk e brit-pop cantate in italiano.
- 2020 – Super Zapping (Calcetto) – Album di brani registrati durante la pandemia.
- 2021 – Gazzelle di Piombo & Mattoni di Carbone (Calcetto) – “Viaggio nel sound ’90 tra alt-folk americano e brit-pop… in italiano” (rockit.it). Brani dal gusto nostalgico ma con produzione moderna, tributi a John Peel e riferimenti letterari.
- 2024 – My Clubbing Days (Tiny Tide) – Undici brani in inglese tra nostalgia e introspezione (corrierecesenate.it). Mix di jangle pop, new wave e city-pop giapponese, con approccio lo-fi intimo. Segna “il ritorno alla scena internazionale di Mark Zonda” (corrierecesenate.itilrestodelcarlino.it),
Tutto qui? Ah, sì! Poi alla fine una canzone chiamata “Amsterdam” l’ho fatta veramente…
Fonti: – SentireAscoltare, Rockit, Internazionale, Corriere Cesenate, Il Resto del Carlino,