I Cocteau Twins nascono all’inizio degli anni Ottanta in Scozia, un paese freddo ma capace di generare atmosfere musicali altrettanto glaciali e suggestive.
Il trio – formato dal chitarrista Robin Guthrie, dal bassista Will Heggie (fino al 1983) e dalla voce angelica di Elizabeth Fraser – trae origine dalla scena post-punk e dark wave britannica: influenze derivative di Joy Division, Birthday Party, Sex Pistols e persino dei Siouxsie and the Banshees fanno capolino nei primi demo.
Ben presto, tuttavia, i Cocteau Twins si allontanano dalle cadenze gotiche del debutto, approdando a un suono denso e onirico che verrà riconosciuto come pietra miliare del dream pop.
In tal senso il gruppo è persino definito un “originatore del filone dream pop” (hardsounds.it), un pioniere capace di fondere passato e futuro musicale.
Le canzoni dei Cocteau Twins – misteriose, sospese, frammenti di linguaggi inventati da Fraser – sembrano esistere in un’altra dimensione, come sospese nel vuoto cosmico che Barney Hoskyns descriveva nel recensire Head Over Heels: “il nuovo disco suggerisce una distanza infinita”.
Sebbene sull’onda del post-punk, i Cocteau Twins non hanno mai amato etichette restrittive. Hanno sempre sfidato le convenzioni del music business, rifiutando l’idea stessa di “singolo manifesto” e persino l’esibizione in televisione con l’energico motto di non fare ciò che li fa sentire a disagio.
Il nome stesso del gruppo – tratto da una canzone dei Simple Minds – preannuncia la loro vena visionaria.
Dalla voce di Elizabeth emergono vocalizzi indecifrabili (una sorta di “esperanto personale” di cui i critici hanno tentato invano di cogliere il senso) e melodie che paiono sospese su tappeti sonori ipnotici.
In retrospettiva, la critica celebra questi album come lavori di grande influenza seminale: Treasure viene definito “ancora oggi tra i più influenti della storia del pop… da qui nascerà pure il dream pop“, mentre Blue Bell Knoll è salutato come un «apice della ricerca musicale» del gruppo (debaser.it).
Di seguito la discografia completa dei Cocteau Twins suddivisa per decenni. Negli anni ’80 i Cocteau Twins pubblicano cinque album in studio fondamentali:
- 1982 – Garlands
- 1983 – Head over Heels
- 1984 – Treasure
- 1986 – Victorialand
- 1988 – Blue Bell Knoll
La discografia prosegue poi negli anni Novanta con Heaven or Las Vegas (1990) e i successivi Four-Calendar Café (1993) e Milk & Kisses (1996), segno che Fraser e Guthrie continuarono a cercare nuove forme di espressione anche oltre la decade d’oro (nonché con l’album collaborativo The Moon and the Melodies del 1986 con Harold Budd).
Garlands (1982)
Garlands, il primo album dei Cocteau Twins, è un lavoro volutamente oscuro e teso. Le chitarre di Guthrie sferragliano distorte su ritmi primitivi e marziali, mentre la voce di Elizabeth, già riconoscibile per l’estensione e l’intensità, in quel contesto sembra un’intrusa quasi straniante.
I brani sono incantati, ambigui: nella title-track “Garlands” come nella suggestiva “Hearsay Please” ogni nota di chitarra riverbera nel vuoto, conferendo un alone fosco e spettrale al suono complessivo.
Non a caso già allora la stampa italiana osservava che Garlands “segna il primo passo convinto dei Cocteau Twins… ma risulta passivamente aderente alle cadenze dark-new wave del tempo”.
Un recensore estero ribadisce il senso generale: “Garlands displays a tremendous Siouxsie influence, as well as Joy Division and The Cure overtones” (starlingdb.org).
In sostanza, l’esordio appare come un ibrido di gotico/neo-punk: Elizabeth viene addirittura bollata “una Siouxsie in sedicesimo” per la citata somiglianza vocale con la cantante dei Banshees e le atmosfere sono più cupe e chiuse rispetto agli sviluppi successivi.
Il suono è primitivo ma affascinante e i momenti più memorabili (ad esempio i titoli “Wax and Wane”, “Blind Dumb Deaf”) colpiscono per l’ossessività ipnotica.
Garlands rimane oggi più un documento storico che un capolavoro compiuto: benché il gruppo mostri già la sua identità, all’epoca il disco fu giudicato dai critici solo discreto, ancora troppo avvinghiato alle correnti dark dell’epoca.
Head Over Heels (1983)
Con Head Over Heels i Cocteau Twins subiscono una decisa metamorfosi. L’uscita dell’EP Sunburst and Snowblind introduce già nuovi elementi – Guthrie sperimenta synth e arrangiamenti più complessi, mentre Liz Fraser prende lezioni di canto – e l’abbandono del bassista Heggie sposta l’accento sul duo superstite.
Il secondo album dei Cocteau Twins dischiude atmosfere incredibilmente variegate: ci sono rock dirompente, innesti progressive, ballate di chitarra acustica e sax.
La critica italiana accolse Head Over Heels con entusiasmo: ne disse che “è un disco validissimo, che la maggior parte dei gruppi dell’epoca si sognavano la notte”, notando come il suono risulti molto meno ipnotico rispetto a Garlands.
Effettivamente l’apertura con “When Mama Was Moth” è esplosiva, con un riff alla Black Sabbath e la voce finalmente sicura di Fraser.
Altri brani come “Five Teen Fiftyfold” (notturna e minimal) e “In Our Angelhood” (vicina a una veste punk-rock) dimostrano la nuova energia: su quest’ultima, uno studioso sottolinea addirittura il richiamo ai Siouxsie degli esordi, grazie a una linea di basso marcata e a vocalizzi taglienti.
Quanto alla stampa internazionale, Hoskyns dell’NME dipinge il duo come una versione domestica dei Banshees: “consideravo Liz e Rob una sorta di Siouxsie and the Banshees per la cameretta”.
In effetti Head Over Heels è un album brioso e corale, pur segnato ancora da qualche ingenuità.
In ogni caso, rispetto al tetro minimalismo del debutto il nuovo lavoro è uscito dal bozzolo: Guthrie plasma paesaggi sonori 4AD variopinti (con addirittura inserti di fiati in alcuni pezzi) e Fraser esplora registri vocali più ampi.
Nel complesso Head Over Heels si impone come pietra miliare nel dischiere degli anni Ottanta, aprendo la strada alla stagione dei capolavori successivi.
Treasure (1984)
Treasure è il salto quantico: qui i Cocteau Twins inventano un “nuovo pop”, come disse Steve Sutherland di Melody Maker: “Treasure sounds like nothing you’ve ever heard and everything you’ve ever wished for”.
La critica concorda: questo album è straordinariamente commovente, sensuale, maestoso, sottile… intramontabile, un caleidoscopio sonoro che mescola assieme fiaba e chimica acida (“bubblegum spiked with acid”).
Tracks come “Lorelei” e “Pandora” sono autentiche gemme di dream pop, con il basso rimbombante di Simon Raymonde e la batteria elettronica usata come percussione cosmica. E soprattutto la voce di Fraser diventa un vero strumento espressivo: Sutherland si stupisce nel sentire Liz “schizofrenica”: a tratti “un orgasmo ansimante” su “Lorelei”, altrove “The Angel from Ipanema” in “Pandora”, o addirittura una “spettrale penitenziere” in “Otterley”.
In Italia, il valore storico di Treasure è riconosciuto senza sconti: viene considerato l’apoteosi del gruppo e un album di riferimento universale.
Le stesse divinità contemporanee del Pantheon del Rock (da Björk a U2 fino a Elisa) lo citino tra le loro ispirazioni mentre la critica contemporanea li definisce come uno dei più influenti gruppi della storia del pop… da cui nascerà pure il termine ‘dream pop’. Non c’è da stupirsi: Treasure fonde in modo sublime melodia e sperimentazione, liquefacendo le parole in cori ipnotici e lasciando un’impronta immaginifica che avrebbe influenzato milioni di musicisti.
Ancora oggi, le arie coloratissime e le sovraincisioni vocali (talvolta triple) di Fraser sprigionano una bellezza fuori dal tempo: basta ascoltare “Aloysius” e “Pandora” per comprenderne l’incanto.
Victorialand (1986)
Arrivati al 1986, dopo l’EP Aikea-Guinea e l’album collaborativo con Harold Budd, i Cocteau Twins concedono al loro pubblico Victorialand.
Questo disco è un passaggio particolare: privo del basso di Simon Raymonde, appare ancor più rarefatto e intimo.
Le tracce sono per lo più lente, ovattate da suoni di chitarra tremolanti e da field recordings naturali (come i versi di uccelli o il vento).
La rivista britannica Melody Maker notò giocosamente che per apprezzarlo appieno bisogna ascoltarlo a 45 giri perché “a velocità più lenta la sua qualità diventa più ruvida, e la produzione impeccabile dei Twins non lascia spazio a errori – solo mistero”.
Ted Mico definì Victorialand “un pilastro d’ottima fattura” e soprattutto sottolineò come «la mano guida del vero genio è al lavoro» in questo lavoro.
Il risultato è una raccolta di brani sospesi, tra cui spicca l’eterea “Lazy Calm” con il suo ritornello mantra e l’incantevole “Feet-Like Fins” dai toni quasi fiabeschi (che Mico paragona a ninne-nanne misteriose).
In generale Victorialand mostra i Twins al culmine dell’arditezza timbrica: Gretto rifinisce i suoi accordi cristallini a gusto prog (ricordando per intensità i King Crimson citati in quegli anni), mentre Liz Fraser liscia l’anima dell’ascoltatore con vocalizzi sacerdotali.
Non si tratta di un album immediato o spavaldo come Treasure, ma la critica riconobbe che il disco aoriva le porte a un giardino segreto di perfezione, un suono così puro e unico da sembrare davvero come “fissato nel tempo”.
Blue Bell Knoll (1988)
Con Blue Bell Knoll i Cocteau Twins tornano a sfavillare in modo più accessibile, pur mantenendo la loro originalità.
L’album fu salutato dai recensori inglesi come la conferma che il gruppo stava ancora “regnando sovrano nel proprio mondo in termini di scintillio creativo e costante mancanza di prevedibilità”.
Tracce come “Carolyn’s Fingers” e “The Spoiler” sono mini-soundtrack mozzafiato, costruite intorno a vocalizzi lunghissimi di Fraser (una sorta di orgasmo sonoro) e a ricami chitarristici barocchi.
In molti notano come qui sia presente un elemento orientale e una luce dorata più evidente rispetto ai toni ombrosi precedenti.
Nell’immaginario critico, Blue Bell Knoll è al contempo il culmine e l’inizio di un declino creativo, un lavoro di apoteosi e declino… apice della ricerca musicale del gruppo. In prima battuta resta un album incantevole.
Record Mirror asseverò che Blue Bell Knoll è “un disco incantevole che delizierà i fan più accaniti e incuriosirà tutti gli altri”.
La critica italiana notò come, a differenza dei suoi predecessori, questo LP offra sonorità più limpide e immediate, riconducendo la grazia vocale di Liz in strutture meno criptiche.
Blue Bell Knoll mostra il gruppo ancora fresco di idee e maestro del proprio suono: si chiude la decade con una vetta melodica e armonica, preludio allo strepitoso Heaven or Las Vegas del 1990.
EP degli anni ’80
Accanto agli album, i Cocteau Twins pubblicarono numerosi EP fondamentali, spesso con musica sperimentale o brani esclusivi. Tra questi si ricordano:
- 1982 – Lullabies: il primo EP, anteprima di Garlands. Contiene “Lorelei” e altri pezzi dal carattere dark.
- 1983 – Peppermint Pig: EP di transizione, che anticipa gli sviluppi di Head Over Heels.
- 1983 – Sunburst and Snowblind: comprende i singoli “Sugar Hiccup” e “From the Flagstones”, anticipando il nuovo sound più aperto del secondo album.
- 1985 – Aikea-Guinea e Tiny Dynamine (insieme a Echoes in a Shallow Bay, doppio EP): esplorano suoni più astratti e sognanti, che preludono a Victorialand.
- 1986 – Love’s Easy Tears: ultimo EP degli anni ’80, nel periodo di Victorialand, con tracce ancora cariche di languore etereo.
Questi EP arricchiscono la discografia ufficiale e presentano ogni volta nuovi spunti creativi, contribuendo ad alimentare il mito dei Cocteau Twins con pezzi indimenticabili e sperimentazioni degne di nota.
Dal dark al dream pop

Attraverso questi cinque album gli anni Ottanta dei Cocteau Twins disegnano una parabola sonora unica: dalle origini dark e post-punk di Garlands fino al tripudio etereo di Blue Bell Knoll, il gruppo ha scavato nuovi orizzonti musicali.
I Cocteau Twins combinano “dream pop, gotico rock, dark wave e ethereal wave” in modo inedito (masterclass.com), e sono giustamente ricordati come pionieri di quella corrente del dream pop che fiorirà proprio sulle loro alii.
La voce esotica di Liz Fraser e le visioni suggestive di Guthrie hanno creato un universo sonoro criptico e al contempo luminoso. Gli album degli anni ’80 costituiscono il nucleo centrale della leggenda dei Cocteau Twins: un repertorio influente e senza tempo che continua a incantare i fan del genere e a ispirare nuove generazioni di musicisti (dal dream pop al rock alternativo).
La storia di questi album è quella di un gruppo che ha riscritto le regole del pop/rock nel modo più etereo, lasciando un’eredità pressoché immortale nella musica alternativa degli anni ’80. E oltre…