E.T. – L’extraterrestre (1982) di Steven Spielberg è uno dei più grandi capolavori della storia del cinema, nonché uno dei più grandi successi planetari di tutti i tempi.
A dispetto di un budget relativamente bassino (circa 10,5 milioni di dollari) rispetto ai grandi kolossal hollywoodiani, il film di E.T. ottenne un incasso globale di quasi 800 milioni di dollari, superando nel 1983 persino Guerre Stellari come maggiore incasso di sempre.
Lanciato dopo i successi di Spielberg con Incontri ravvicinati del terzo tipo (1977) e I predatori dell’arca perduta (1981), E.T. scelse la strada di una fantascienza quotidiana e fiabesca, raccontando un’amicizia fantastica invece di battaglie spaziali o alieni ostili.
E.T. fu un film nostalgico e allo stesso tempo innovativo, capace di mescolare avventura ed empatia in egual misura.
Già all’uscita, la pellicola commosse pubblico e critica creando un’enorme fenomeno di costume: nel 1982-83 E.T. domina letteralmente l’immaginario collettivo – “era una mania”, ricorda un fan americano, “possedevo tre magliette di E.T., un poster, un telefono e un disco-storybook… era una pazzia”.
Amicizia, crescita e la metafora del volo
Al cuore luminoso di E.T. c’è la storia dell’improbabile amicizia tra Elliott, un ragazzino solitario, ed un piccolo alieno botanico abbandonato sulla Terra.
Spielberg tratteggia un rapporto di profondo scambio emotivo: i due sviluppano una connessione empatica che li lega a livello quasi telepatico.
Questa vicenda fantastica assume i contorni di una parabola di crescita personale: lo stesso arco narrativo dell’alieno e del suo rapporto con Elliott è una metafora chiara sulla crescita e sulla guarigione dalle ferite dell’abbandono.
Il bambino, segnato dal divorzio dei genitori, trova in E.T. qualcuno da accudire e amare; sarà però l’extraterrestre a insegnargli a lasciar andare ciò che ama. Anche se non sarà con lui fisicamente, lo porterà sempre nel cuore.
E.T. ci insegna il valore dell’amicizia incondizionata, del rispetto e della tolleranza per chi è diverso, mostrando una visione positiva degli alieni e dell’ignoto, tenera e toccante, che ribalta gli stereotipi cupi della fantascienza precedente.
Il film ricorre a simboli fiabeschi potenti, primo fra tutti il tema del volo. La celebre scena di E.T. in volo con i ragazzi sulle bici davanti alla luna piena è diventata iconica nell’immaginario pop, non solo per la sua spettacolarità visiva ma anche come metafora del volo inteso come libertà e speranza.
Non a caso, Spielberg concepì quella sequenza ispirandosi a un classico del cinema italiano: il finale di Miracolo a Milano (1951) di Vittorio De Sica, in cui un gruppo di poveri spicca il volo a cavallo di scope verso un mondo migliore.
Nel film di De Sica si vedevano i cavi che sorreggevano le scope, mentre in E.T. le biciclette volano “stavolta senza fili” in omaggio a quella visione poetica.
Anche l’amato Peter Pan di Walt Disney aleggia come riferimento: Spielberg dissemina riferimenti a Peter Pan (vediamo la mamma di Elliott leggere il libro di Peter Pan alla piccola Gertie in una scena) e il critico Henry Sheehan ha descritto E.T. proprio come una rilettura moderna di Peter Pan dal punto di vista di un “bambino sperduto” come Elliott.
In fondo, E.T. – come Peter Pan – non può restare per sempre con i bambini: deve tornare nel suo mondo, e gli adulti (scienziati e agenti governativi) fanno da controparte ai “pirati” della fiaba.
Il volo in bicicletta così diventa una versione moderna del volo verso l’Isola-che-non-c’è: una fuga momentanea dalla realtà, carica di meraviglia.
Spielberg, che in futuro realizzerà Hook – Capitan Uncino (1991) tornando esplicitamente al mito di Peter Pan, con E.T. aveva già creato un racconto di infanzia e magia, ricco di citazioni cinefile e letterarie ma accessibile a tutti.
“E.T. telefono casa”: una frase entrata nella storia

Nel momento più toccante del film, quando E.T. deperisce per la nostalgia del suo pianeta, pronuncia le semplici parole: “E.T. telefono casa” (nell’originale “E.T. phone home”). Questa frase – dal significato letterale di “E.T. chiama la sua casa” – è diventata immediatamente una delle citazioni più celebri di sempre, simbolo del bisogno universale di appartenenza.
Nel film, quelle parole racchiudono il desiderio struggente dell’alieno di “tornare a casa, la sua casa”, condensando un concentrato di nostalgia capace di toccare corde profonde tanto nei bambini quanto negli adulti.
Da allora “E.T. telefono casa” è entrato nel lessico popolare per evocare il richiamo degli affetti lontani o il semplice voler tornare al sicuro.
Ancora oggi, a oltre quarant’anni di distanza, la potenza emotiva di quella scena resta intatta: è difficile non commuoversi quando Elliot e E.T., separandosi, ripetono “telefono casa” sapendo che quel legame affettivo sopravvivrà alla distanza interstellare.
In un’epoca iperconnessa, la semplicità di telefono casa ci ricorda l’importanza dei legami e il senso di “pace e accoglienza” insito nel messaggio di E.T.
Quanti film di E.T. esistono? Un classico senza sequel
A differenza di molti altri grandi successi di Hollywood, E.T. l’extraterrestre è rimasto un’opera unica.
Esiste un solo film di E.T., quello originale del 1982: Spielberg non ha mai realizzato un sequel cinematografico. S
ubito dopo l’uscita, si ipotizzò un “E.T. II” intitolato Nocturnal Fears, con una trama più cupa (Elliott rapito da alieni cattivi e E.T. in soccorso), ma Spielberg decise di non proseguire, convinto che un seguito avrebbe “tolto all’originale la sua innocenza” e rovinato la magia del primo film.
Questa scelta si è rivelata saggia: E.T. è rimasto un classico autosufficiente, amato proprio perché unico e insostituibile.
Una sorta di “mini-sequel” è arrivato solo molti anni dopo, sotto forma di cortometraggio pubblicitario: nel 2019 l’alieno è riapparso in uno spot speciale (A Holiday Reunion) dove torna a trovare Elliott ormai adulto, in occasione delle feste natalizie, regalando ai fan un breve nostalgico tuffo nei sentimenti dell’originale. Ma al di là di questo affettuoso omaggio, E.T. è rimasto un film one-shot, senza sequel né remake. La sua storia conclusa e perfetta ha contribuito a mantenerne intatta l’aura nel tempo.
Vale la pena notare che l’assenza di sequel non ha impedito a E.T. di espandersi in altri media: videogiochi (celebre quello per Atari 2600 del 1982, passato alla storia per i suoi problemi tecnici), libri per ragazzi e persino un’attrazione nei parchi Universal.
Ma sul grande schermo l’extraterrestre dal cuore luminoso ha brillato solo una volta. Questo rende la domanda “Quanti film di E.T. ci sono?” di semplice risposta – uno solo – ma dietro c’è la ferma volontà dell’autore di non sfruttare commercialmente una storia così personale.
Spielberg stesso, in un’intervista, ha ribadito di non voler mai realizzare un E.T. 2, preferendo lasciare Elliott e il suo amico alieno custoditi per sempre nella memoria collettiva degli spettatori.
Un fenomeno di marketing (1982-83) e il tocco di Carlo Rambaldi
Il trionfo di E.T. fu accompagnato da un’imponente operazione di marketing nel 1982-83, segno di quanto profondamente il film avesse colpito l’immaginazione popolare.
Ovunque spuntarono prodotti e riferimenti al piccolo alieno: giocattoli, pupazzi, album di figurine, magliette, e persino alimenti (famosi i confetti di cioccolato Reese’s Pieces legati al film).
La colonna sonora di John Williams con il suo tema maestoso divenne immediatamente riconoscibile.
La promozione toccò perfino l’universo della musica pop: Michael Jackson si appassionò al progetto, tanto da partecipare alla realizzazione di un audiolibro narrato di E.T. (con tanto di canzone “Someone in the Dark”) che vinse anche un Grammy Award.
Ricordo nitidamente, da bambino, le apparizioni televisive dell’epoca in cui Michael Jackson ballava al ritmo di “P.Y.T. (Pretty Young Thing)” mentre sullo schermo comparivano fugacemente immagini di E.T.: era una sinergia perfetta tra due icone degli anni ’80, la popstar e l’alieno, a dimostrazione di quanto E.T. fosse diventato omnipresente.
Tutto contribuiva ad alimentare la E.T.-mania: nei negozi andava a ruba qualunque gadget collegato al film e persino la bicicletta BMX rossa e bianca usata da Elliott fu prodotta in edizione speciale per i fan.
Dietro la magia di E.T. sullo schermo c’è l’ingegno di un artista italiano: Carlo Rambaldi, creatore dell’animatronic di E.T.

Rambaldi – già noto per aver dato vita agli effetti di Alien e King Kong – progettò e costruì il tenero extraterrestre, conferendogli espressioni e movimenti straordinariamente realistici per l’epoca.
Il maestro ferrarese, definito un “Geppetto” moderno per la capacità di infondere un’anima alle sue creature, vinse l’Oscar ai migliori effetti speciali proprio grazie a E.T. (terzo Academy Award della sua carriera dopo King Kong e Alien).
Da italiani, è impossibile non provare orgoglio sapendo che quel pupazzo dagli occhi grandi e luminosi nacque dalle mani di un nostro connazionale.
Personalmente ne ebbi prova diretta anni fa, quando visitai una mostra a San Marino dedicata a Rambaldi: tra le varie meraviglie, c’era un E.T. meccatronico funzionante che i visitatori potevano addirittura provare a manovrare.
Ricordo ancora l’emozione di azionare il collo allungabile e il dito luminoso di E.T.: per un istante, sono tornato bambino, con la sensazione di avere di fronte il vero extraterrestre del film.
Questa esperienza mi fece apprezzare ancor di più la genialità “artigianale” di Rambaldi, capace di creare con circuiti e cavi un personaggio che emoziona come un attore in carne e ossa.
Del resto, Rambaldi aveva realizzato ben quattro modelli di E.T. per le riprese, il più sofisticato con 85 punti di movimento elettronici per mimicare ogni espressione facciale.
Non stupisce che Spielberg, vedendo all’opera il pupazzo sul set, si commosse al punto da considerarlo un vero attore aggiunto.
Da piccolo, confesso che E.T. mi colpì anche per un aspetto peculiare: la sua voce roca, gutturale, inconfondibile.
Dietro quella voce c’era l’attrice Pat Welsh (non accreditata nel film), ma per me era la voce “vera” di E.T., un miscuglio di suoni gracchianti e teneri al tempo stesso.
Con i miei amici ci divertivamo a imitare E.T., stringendo la gola per riprodurre il suo “EEEElliott” o “telefffono ccaasa”.
Erano imitazioni buffe, ma tradivano l’affetto che provavamo per quel personaggio. Anche questo fa parte del fenomeno culturale: E.T. entrò nel quotidiano di una generazione, al punto che nel 1983 qualsiasi cosa – da un giocattolo a un’espressione – poteva ricordare quel piccolo alieno.
Ancora oggi, riascoltando la sua voce roca (magari nel doppiaggio italiano storico), è facile provare una dolce nostalgia per l’infanzia.
L’eredità nella cultura pop: da Freakazoid a Stranger Things

L’impatto di E.T. è stato così pervasivo che i suoi riferimenti nella cultura pop abbondano ancora a distanza di decenni.
Una curiosità gustosa è che Spielberg negli anni ’90 produsse una serie animata demenziale, Freakazoid!, nella quale si divertì a ironizzare persino sul proprio mito di E.T.. In un episodio intitolato “Next Time Phone Ahead” (chiaro richiamo al “Phone Home”), Freakazoid! mette in scena una parodia sfrenata di E.T.: invece dell’alieno dolce e innocente, il protagonista si imbatte in un extraterrestre grossolano e stupido (chiamato ironicamente “Bo-Ron”) e addirittura compare lo stesso Spielberg in cartone animato, scontento di come stanno rovinando la sua creatura.
La puntata cita direttamente l’iconografia del film (il titolo *“Prossima volta telefona in anticipo” è un ironico ricalco di “E.T. telefono casa”) e gioca sul fatto che Spielberg fosse produttore esecutivo del cartone: un esempio lampante di metanarrazione anni ’90, dove E.T. era già così famoso da poter essere autoironizzato.
Negli ultimi anni, poi, molte opere hanno reso omaggio allo spirito di E.T.. Il caso più noto è la serie Stranger Things (2016) dei fratelli Duffer, che sin dalla prima stagione ha attinto a piene mani all’immaginario spielberghiano degli anni ’80.
Stranger Things è ambientata nel 1983 e cita esplicitamente E.T. in diverse scene: c’è la ragazzina con poteri telecinetici nascosta in casa (Eleven/Undici) che richiama l’alieno nascosto da Elliott; in una puntata Eleven indossa un vestitino e una parrucca bionda, proprio come i bambini travestono E.T. per non farlo scoprire; soprattutto, c’è la fuga in bicicletta con inseguimento governativo, in cui Eleven usa i suoi poteri per capovolgere un furgone e salvare i suoi amici – una citazione diretta della famosa scena del volo in bici di E.T.
Anche il personaggio del capo del laboratorio segreto (il Dr. Brenner) sembra riecheggiare l’uomo con le chiavi di E.T..
Insomma, Stranger Things ha fatto della nostalgia anni ’80 la sua cifra, e E.T. ne è uno dei pilastri principali: “ci chiedevamo sempre: cosa avrebbe fatto Steven?”, ha dichiarato il direttore della fotografia Tim Ives, sottolineando come nessun riferimento fosse “più influente delle opere di Spielberg, in particolare E.T.“.
Per una nuova generazione di spettatori, Stranger Things ha funzionato in parte come una reintroduzione ai temi di E.T. – l’amicizia con l’ignoto, la fuga dall’autorità ottusa, la magia nel quotidiano – dimostrando quanto quelle idee siano rimaste attuali.
Le citazioni non finiscono qui: potremmo ricordare come in Ready Player One (2018) dello stesso Spielberg compaia un Easter egg su E.T., o come in Poltergeist (1982, prodotto da Spielberg pochi giorni prima di E.T.) i bambini abbiano in camera un pupazzo di E.T., a sancire una piccola cross-contamination tra film.
Nel campo dell’animazione, oltre a Freakazoid!, I Simpson hanno parodiato E.T. in un celebre segmento (“Bart’s Friend Falls in Love”, 1992, con Bart che trova un alieno); persino Pixar in Toy Story ha nascosto in una scena dei giocattoli ispirati a E.T. E come non citare la scena di Mamma, ho perso l’aereo (1990) in cui Kevin guarda un film fittizio di gangster: sullo sfondo del soggiorno campeggia un enorme albero di Natale molto simile a quello di E.T. sotto cui E.T. si nasconde tra i pupazzi – una strizzata d’occhio che solo i fan più attenti colgono.
Insomma, E.T. l’extraterrestre ha lasciato un’impronta profonda nella cultura popolare. Ancora oggi il suo dito luminoso puntato al cielo, la silhouette delle bici contro la luna e l’eco di “E.T. telefono casa” continuano a essere evocati, citati e reinterpretati nei contesti più disparati.
Questo film, nato quasi in sordina come “piccolo” progetto personale dopo due blockbuster di Spielberg, si è trasformato in un kolossal emotivo che ha saputo parlare al bambino dentro ognuno di noi.
Quattro Oscar vinti, incassi stratosferici e decenni di omaggi intertestuali lo confermano come un caposaldo del cinema moderno. Ma al di là dei premi (vinse 4 Academy Awards, tra cui miglior colonna sonora e migliori effetti sonori, ed ebbe 9 nomination totali) e dei record, E.T. resta soprattutto un’esperienza di meraviglia e commozione genuina.
In un’epoca in cui la fantascienza aveva spesso toni foschi o minacciosi, Spielberg ci ha regalato un “alieno buono” che non scende dal cielo per conquistarci, ma per abbracciarci – letteralmente e metaforicamente. E in quel tenero abbraccio finale fra E.T. ed Elliott, sulle note trionfanti di John Williams, c’è tutto il senso di un film che ci ricorda l’importanza di credere nei propri sogni (come dice la mamma leggendo Peter Pan: “Basta crederci, e si può volare”) e di aprire il cuore a ciò che è diverso da noi. E.T. l’extraterrestre rimane, a distanza di anni, un viaggio cinematografico unico e universale – un film che, con tono dolce ma mai sdolcinato, parla di inclusione, di crescita e di speranza, e che continua a far sognare nuove generazioni di spettatori, giovani e meno giovani, con la sua sempiterna magia.
Don’t look back in hangars

Rivedere E.T. oggi significa rientrare in una stanza della memoria dove la fantascienza non era ancora intrattenimento puro, ma uno specchio delle emozioni umane. Un tempo in cui l’incontro con l’Altro serviva a comprendere meglio noi stessi e l’ignoto non faceva solo paura, ma prometteva anche dolcezza.
Gli anni ’80 erano la stagione in cui la fantascienza poteva abbracciare la poesia, come avrebbe fatto poi lo Studio Ghibli, o in cui un alieno malinconico poteva commuovere più di un monologo di Leonardo DiCaprio in un film di Scorsese.
Il film di ET l’Extraterrestre non ha bisogno di effetti digitali, sequel o reboot, perché ha già trovato la forma perfetta per raccontare un legame che supera i confini dello spazio e della specie. Non serve la spettacolarità fracassona di un cinecomic Marvel per emozionare: bastano due parole. Niente martelli da dio norreno, nessuna distruzione globale, nessuna armatura ipertecnologica. Solo un dito che si illumina, come una stella cadente, e una bicicletta che vola.
Mel Brooks lo avrebbe probabilmente parodiato in Balle Spaziali con un alieno che scoreggia nel bosco mentre cita Shakespeare, ma nemmeno lui sarebbe riuscito a demolirne l’incanto.
Come in Il Maestro e Margherita di Bulgakov, dove il soprannaturale si intreccia con l’assurdo per parlare dell’amore, anche ET parla di un’umanità profonda usando la chiave dell’irreale. Una lezione che oggi sembrano aver dimenticato molti registi.
Gli Oasis, in una canzone mai scritta, avrebbero potuto cantare: “He came from a sky of gold, but we taught him how to feel cold”. Ma E.T. non è diventato freddo: è rimasto un emblema di dolcezza, di connessione, di infanzia eterna. E noi, pronti a rivolgerci nuovamente a quell’incanto in una notte estiva, pronti ancora una volta a farci rapire da quell’incanto alieno. Fermi davanti allo schermo, con gli occhi pieni di meraviglia, come fosse la prima volta. E oltre lo spazio, pronti nuovamente a sentirci a casa.
Fonti:
- Bertini, Ombretta. E.T. l’extraterrestre fa 40 anni: significato e la mostra a Milano, Io Donna (RCS), 4 nov 2022 iodonna.itiodonna.it.
- Recensione utente di Marco Petti su Amazon (Blu-ray E.T. Collana Oscar), 11 mag 2020 amazon.comamazon.com.
- Wikipedia (voci “E.T. the Extra-Terrestrial” e “E.T. l’extra-terrestre (album)”)en.wikipedia.orgen.wikipedia.org.
- Gimmelli, Gabriele. Miracolo a Milano. I poveri disturbano (ancora), Doppiozero, 31 dic 2021 doppiozero.com.
- Nathan Rabin, Freakazoid spoofs E.T. (patreon article), 30 giu 2022 nathanrabin.com.
- Rodriguez, Ashley. Stranger Things owes everything to E.T., Quartz, 27 ott 2017 qz.com.
- Commenti fan su Reddit r/MichaelJackson, dic 2019 (E.T. mania nel 1982)reddit.com.
- La Meccanica dei Mostri – Da Carlo Rambaldi a Makinarium, MovieTravel blog, 4 gen 2020 movietravel.orgmovietravel.org.
- Academy Awards Data: E.T. vinse 4 Oscar (colonna sonora, sonoro, montaggio sonoro, effetti visivi)en.wikipedia.org.
- Box Office Data: incassi e record da BoxOfficeMojo via Wikipedia