Proviamo per un attimo a metterci nei panni di una teenager italiana degli anni ’80. Non c’erano motori di ricerca né chatbot, eppure le domande su amore, amicizia e senso della vita trovavano comunque un destinatario: la mitica Posta del cuore di Cioè.
Era lì che si confidavano speranze, delusioni e curiosità, firmandosi con pseudonimi zodiacali come “Una Vergine timida” o “Una Scorpione confusa”. L’oroscopo era una guida emotiva; le rubriche, una bussola relazionale.
Quelle risposte, stampate nero su rosa, erano lente ad arrivare, ma sapevano ascoltare. Dietro ogni parere c’era una redazione che conosceva i suoi lettori e rispondeva con umanità, empatia e un pizzico di pedagogia pop.
Era una forma di intermediazione empatica, analogica e condivisa, che rispondeva a un bisogno antico: quello di sentirsi visti, accolti e – in qualche modo – legittimati nei propri dubbi.
Oggi, quel bisogno non è scomparso. Si è trasformato. Le domande vengono affidate a Google, a ChatGPT, ad Alexa. I consigli non arrivano più da persone, ma da algoritmi.
L’interlocutore non ha un volto, ma ha letto miliardi di pagine. La velocità ha sostituito l’attesa, l’efficienza ha scalzato le relazioni.
In che modo possiamo essere rilevanti, oggi, senza perdere l’umanità che ci rende memorabili?
Capitolo 1 – Dalla rubrica al ranking: sete di risposte
Cara redazione, sono una Sagittario romantica e a volte mi sembra che nessuno mi capisca. Quando parlo, ho l’impressione che le mie parole vadano a vuoto. Come faccio a sapere se qualcuno mi ascolta davvero?
— Silvia, 15 anni, Torino

Negli anni ’80, ottenere una risposta significava scrivere una lettera, imbucarla e attendere. Oggi, digitiamo una query e riceviamo un risultato in meno di un secondo. Ma il desiderio è lo stesso: essere ascoltati, ricevere un consiglio, trovare una guida.
Nel marketing digitale, questo desiderio si traduce in ricerca organica. La SEO – Search Engine Optimization – è la disciplina che ci permette di intercettare questi bisogni, di essere la risposta. Per un brand, apparire nei primi risultati di Google equivale a ottenere una menzione d’onore nella rubrica preferita del lettore. È visibilità, autorevolezza, legittimazione.
Ma se allora bastava una buona penna e un tono accattivante, oggi bisogna dominare un ecosistema complesso fatto di parole chiave, link, semantica, struttura del sito e segnali di affidabilità.
L’algoritmo di Google non è emotivo, ma valuta con rigore: è qui che entrano in gioco criteri come l’E-E-A-T (Esperienza, Competenza, Autorevolezza, Affidabilità), che premiano contenuti scritti da chi sa davvero di cosa parla.
L’obiettivo non è solo “posizionarsi”, ma meritarsi quella posizione.
Capitolo 2 – L’AI risponde: guarda mamma, senza cliccare!
Cara Cioè, ho fatto una domanda al mio diario, ma lui non mi ha risposto. Poi l’ho chiesta a mia sorella, ma ha scrollato le spalle. A volte vorrei che ci fosse un robot tipo Emiglio, che mi dicesse tutto quello che voglio sapere, subito. Ma poi mi chiedo: e se non fosse quello che voglio sentire?
— Marta R., 14 anni, Pistoia

Con l’arrivo dell’intelligenza artificiale generativa, come nei nuovi risultati di ricerca Google con AI Overview, qualcosa è cambiato: oggi le risposte arrivano prima ancora di dover cliccare.
L’utente formula una domanda e riceve direttamente un paragrafo riassuntivo. È il trionfo delle “zero-click search”.
Per i marketer, questo è uno scenario insidioso. Il contenuto può essere perfetto, ben ottimizzato, ma se viene sintetizzato da un’intelligenza artificiale senza generare un clic, tutto il traffico potenziale si disperde. I siti diventano fonti invisibili. Il valore viene assorbito, ma non riconosciuto.
Eppure, proprio da questa frizione nasce una riflessione strategica: se l’AI seleziona solo i contenuti migliori, più completi, più autorevoli, l’unico modo per sopravvivere è diventare imprescindibili. Non basta produrre articoli. Bisogna produrre contenuti che l’AI non possa ignorare.
Prendiamo ad esempio una guida su un tema complesso: “come arredare uno studio in casa”.
Un contenuto generico viene subito triturato dall’intelligenza artificiale e ridotto a una lista piatta. Ma un articolo che racconta l’evoluzione del lavoro da remoto attraverso oggetti simbolici – come la lampada Tolomeo o la sedia Eames – viene citato, riassunto, condiviso.
Oppure un tutorial SEO che invece di proporre solo regole, parte da un fallimento aziendale realmente accaduto e ne racconta il percorso di rinascita: quello l’AI non lo può simulare, lo deve riportare. Serve emozione, storia, rilevanza.
Dobbiamo affidarci a quello che gli algoritmi ancora non sanno né prevedere né creare: contenuti vivi, ricchi di contesto, pieni di anima.
Capitolo 3 – Strategie per essere scelti (anche dalle macchine)
Ciao Cioè, io voglio diventare famosa, tipo come Sabrina Salerno o almeno come le DJ della radio. Ma non so da dove cominciare. Devo essere diversa, ma anche capire cosa piace. Devo parlare come tutti o dire la mia? Help!
— Giulia L., 16 anni, Brindisi

Come possiamo, oggi, rimanere rilevanti senza diventare replicabili?
Nel caos digitale in cui ogni voce cerca di sovrastare l’altra, la vera sfida non è più solo quella di essere trovati. È quella di essere riconosciuti. Di esistere nel tempo e nello spazio dell’attenzione umana come qualcosa di diverso da un risultato utile.
L’intelligenza artificiale e gli algoritmi sembrano aver ridefinito le regole del gioco: tutti possiamo essere informativi, ottimizzati, rapidi. Ma quanti possono essere memorabili?
Come nel vecchio Cioè, non si trattava solo della risposta ma della connessione che quella risposta creava.
Oggi, chi produce contenuti o strategie digitali si trova davanti a una domanda tanto semplice quanto dirompente: che cosa sto dando davvero alle persone?
Non basta parlare al pubblico. Bisogna parlare con lui. O meglio ancora: essere ricordati da lui. Per farlo, dobbiamo tornare a costruire un’identità che l’intelligenza artificiale non possa clonare né riscrivere. Un’identità fatta di scelte, visioni, toni di voce, riferimenti culturali, piccoli errori e intuizioni geniali. Tutto ciò che rende un brand un essere umano in dialogo con altri esseri umani.
Investire nel brand
Un marchio riconoscibile non è solo una questione di logo: è reputazione, memoria, coerenza. Nell’ecosistema digitale, dove ogni contenuto compete per attenzione, un brand forte ha più probabilità di essere selezionato, citato, ricordato.
Anche l’intelligenza artificiale tiene conto di segnali di autorevolezza e popolarità: un marchio noto, associato a contenuti affidabili e coerenti, ha un peso specifico superiore.
Investire nel branding oggi è come essere un volto noto tra migliaia di estranei in una sala affollata.
Creare contenuti autentici
L’autenticità è una qualità riconoscibile. Un contenuto autentico è scritto con voce propria, con esperienze vere, con un punto di vista preciso.
Nell’era in cui molti testi sono generati da AI, l’elemento umano è ciò che distingue e fa emergere. La credibilità si costruisce mostrando competenza vissuta, non solo appresa.
L’autenticità è anche coerenza tra ciò che si dice e ciò che si è: chi riesce a costruire questo allineamento sarà sempre più difficile da rimpiazzare.
Usare i dati strutturati
I motori di ricerca e le AI comprendono meglio un contenuto se è accompagnato da segnali semantici chiari. I dati strutturati – come i markup schema.org – aiutano le tecnologie a classificare, indicizzare e interpretare correttamente un sito, un autore, un contenuto.
Inserire dati strutturati non è solo una questione tecnica: è un atto comunicativo verso l’intelligenza algoritmica, un modo per dire con precisione “questo è ciò che offro, questo è ciò che sono”.
Coltivare canali proprietari
I social, i motori di ricerca e le piattaforme sono canali prestati. I propri canali – una newsletter, un blog, una community – sono territori da presidiare.
In un mondo dove la visibilità può essere spenta da un algoritmo, avere una relazione diretta con il proprio pubblico è un vantaggio competitivo. Significa non dipendere da regole altrui, costruire fidelizzazione, raccogliere dati di prima mano.
I canali proprietari sono una base solida in una geografia digitale in continuo movimento.
Offrire esperienze
Le intelligenze artificiali possono rispondere, ma non partecipano. Non emozionano, non coinvolgono.
Organizzare eventi, proporre consulenze, attivare esperienze dal vivo o digitali è ciò che costruisce un legame reale con il pubblico. L’esperienza è insostituibile perché vive nel tempo, nel corpo, nella memoria.
Un brand che sa far vivere esperienze diventa più di un contenuto: diventa una relazione.
Metti una Tigre nel tuo motore (di ricerca)

Nel 1984 scrivere alla Posta di Cioè era come lanciare una bottiglia nel mare rosa shocking dell’adolescenza, sperando che qualcuno la pescasse.
Non si cercava la verità, ma un riflesso: qualcuno che ci vedesse davvero.
Oggi, nel grande oceano degli algoritmi, ci sentiamo iperconnessi ma spesso mai così ignorati.
Le domande non passano più da una redazione col cuore rosa, ma da una macchina che scandaglia miliardi di dati in un secondo. Risponde a tutto, ma non si ricorda di te. Ti suggerisce, ma non ti accompagna.
Per chi lavora nel marketing, questa non è più solo una sfida tecnica. È una questione di identità.
Essere scelti dall’intelligenza artificiale è come essere selezionati per far parte dei Fantastici 4: devi avere un potere unico, irripetibile, e allo stesso tempo saper collaborare con un sistema più grande di te.
Non è più tempo per contenuti generici, per marchi intercambiabili, per esperienze che si dimenticano dopo cinque secondi di scroll.
Nel 2025 la concorrenza non sono solo gli altri brand: è l’indifferenza. Il vero nemico è il contenuto che non lascia traccia, che non smuove niente. È il Lego senza istruzioni, è la ciurma di One Piece senza sogno.
Il marketing deve tornare ad avere una missione, un respiro. Costruire relazioni, non solo conversioni.
Essere quella voce che ti rimane in testa come una canzone dei Baustelle alle 2 di notte. Fare ciò che l’AI non sa ancora fare: emozionare, sorprendere, contraddirsi, farsi domande senza avere tutte le risposte.
Il dilemma è tutto qui: vuoi essere ottimizzato o vuoi essere indimenticabile?
Forse la strategia più lungimirante oggi non è scalare un ranking, ma lasciare un segno. In mondo dove tutti rispondono, chi sa ascoltare fa ancora la differenza.