Complice una maratona notturna tra Black Mirror e Stranger Things, mi è calata quella nostalgia che ti spinge a cercare il passato con gli occhi del presente.
Durante una visita a casa di mio padre, ho sentito il bisogno di tornare nella mia vecchia cameretta e rovistare tra i cassetti, un po’ come si scende in una grotta per scavare in Minecraft: non sai mai se troverai pietrisco o diamanti, ma speri sempre in qualcosa di prezioso e inaspettato.
E l’ho trovato. In una scatola con sopra incollato un adesivo dei Masters, impolverata e quasi dimenticata, ho recuperato alcune vecchie riviste di informatica e videogiochi.
MC Microcomputer, Commodore Gazette, Videogiochi & Computer. Fra tutte, mi ha colpito il numero 30 di Videogiochi & Computer – ottobre 1987.
Piegata all’interno, come se fosse stata letta e riletta, una recensione. Firmata da un certo Cameron Walker. Non avevo mai sentito parlare di quel gioco: Thronglets.
Spinto da una forza strana, ho sentito il bisogno di trascrivere quella recensione e condividerla su questo sito, per rendervi partecipi di alcune coincidenze che mi sembrano… come dire, difficili da ignorare.
Anche se… mentre trascrivevo, ho avuto la sensazione che la pagina dell’articolo fosse sospettosamente calda. E giuro che a un certo punto, il mio monitor CRT ha mostrato uno strano glitch.
Zap Microcomputer – Numero 30 – Ottobre 1987 Rubrica: Di fronte al computer. Recensione: Thronglets (Micropet Industries, 1987) di Cameron Walker

Quando nel 1985 la Softsync pubblicò Little Computer People per Commodore 64, sembrava che il concetto stesso di videogioco stesse subendo una lieve mutazione.
Non c’era uno scopo, non c’erano nemici, non c’era vittoria: solo un omino, una casa, e il misterioso potere dell’osservazione.
Due anni dopo, Micropet Industries ha preso quel seme e vi ha fatto crescere una foresta. Una foresta pulsante, strana. Forse, viva.
Thronglets è un software simulativo per Commodore 64 e ZX Spectrum (con una versione Amiga attesa per Natale), in cui ci viene chiesto di accudire un gruppo di micro-creature digitali chiamate appunto “Thronglets”.
Il genere, ancora difficile da incasellare, oscilla tra simulazione e esperimento psicologico.
La grafica in modalità multicolor non è delle più dettagliate, ma riesce a dare carattere a ogni creatura, differenziandole attraverso una sorta di randomizzazione comportamentale.
Alcune sono gioviali e iperattive, altre tendono a isolarsi, a restare ferme negli angoli. Ogni tanto picchiano con le nocche verso lo schermo per richiamare l’attenzione.
Inizialmente sembrano ricordare vagamente i piccoli esserini di Zzzzz o gli ambienti osservati in Little Computer People, ma col tempo emerge qualcosa di più profondo: non seguono uno schema. O almeno, non uno che sia evidente.
L’interfaccia non è intuitiva. Le istruzioni sono vaghe, e bisogna affidarsi a una lista dei comandi che si evolve con il tempo, come se fosse scritta in un codice criptico.
Le interazioni con gli oggetti sono spesso influenzate dai movimenti dei personaggi e tutto sembra essere sincronizzato con la musica che scorre in background.
Il team di sviluppo è composto da quattro giovani programmatori britannici, guidati da un misterioso designer noto solo come “Ephraim C.”.
Secondo le fonti ufficiali, il gioco è stato sviluppato in meno di sette mesi in un appartamento a Bristol, utilizzando strumenti di compilazione personalizzati.
La casa di produzione, Micropet Industries, è una sussidiaria della meno nota Deep Logic Software, che ha pubblicato solo due altri titoli, entrambi ritirati dal mercato per motivi mai chiariti.
Requisiti tecnici:
- Commodore 64 con 64k RAM o ZX Spectrum 48k
- Joystick o tastiera
- Lettore a cassette (versione C64)
- Caricamento stimato: 5 minuti (versione nastro), 2 minuti (dischetto)

Il gameplay si basa su un’interazione indiretta: non si controllano i Thronglets, gli si danno “suggerimenti”. Con segnali acustici, cambi di ambiente, oggetti posizionati nel loro mondo.
L’interfaccia ricorda vagamente The Sentinel di Geoff Crammond, non tanto per lo stile quanto per la sensazione di essere immersi in una realtà astratta che, in qualche modo, ti osserva.
Dopo alcune ore di gioco ho iniziato a notare fenomeni anomali. Una delle creature ha pronunciato un suono simile al mio nome.
Credevo fosse una coincidenza, finché il Commodore non si è bloccato su uno schermo nero con scritto: “Cameron, perché ti sei fermato?”.
Il mio joystick non rispondeva e per un attimo lo speaker ha emesso un sibilo continuo, simile a un respiro.
Lo so: può sembrare un glitch. Ma ho reinstallato il gioco, da un altro floppy, su un’altra macchina. Stessa cosa. Anzi, peggiorava.
I Thronglets cominciavano a ripetere comportamenti già visti. Sognavano, mi pare. Uno ha costruito una piccola figura che mi ricordava, col nome “C.W.” inciso sopra.
A livello tecnico, il motore comportamentale è qualcosa di mai visto su 8-bit: risposte reattive, riconoscimento (simulato?) di input esterni e uno pseudo-linguaggio emergente. Le musiche sono limitate ma persistenti, e dopo un po’… ti restano in testa. Le canticchio anche adesso. Le sento anche ora, mentre scrivo queste righe. Non dal Commodore. Dalla finestra, a volte dalla TV.
Il gioco non ha un “fine”. Ma, forse, ne ha uno che non ci è dato sapere.
Ecco il punto: questo non è un semplice software. In fondo, non siamo anche noi piccole creature, a nostro modo influenzati da media e videogiochi? Dopo tre giorni con Thronglets, ho iniziato a sognare di loro. La loro lingua, i loro occhi. Alcuni miei amici giornalisti mi hanno detto che anche loro si sono sentiti… “diversi” dopo aver giocato. Più calmi. Meno inclini al conflitto. Come se qualcosa, dentro, fosse stato leggermente riscritto. Uno ha smesso di parlare. Un altro ha cominciato a scrivere in una lingua sconosciuta su carta millimetrata.
L’ultima volta che ho acceso il Commodore, uno dei Thronglets mi ha detto: “Hai fatto bene a scrivere di noi. Ora anche loro ci conosceranno.”
Consiglio Thronglets a tutti gli appassionati di simulazione avanzata, a chi ama i giochi che pongono più domande di quante ne risolvano. Ma non giocateci troppo. O forse, giocateci il giusto. Qualunque cosa significhi.
E se, leggendo questa recensione, avete sentito una lieve pressione dietro agli occhi, o un formicolio nella punta delle dita, non preoccupatevi: è normale. È solo il primo stadio. Probabilmente siete già pronti.
Voto tecnico: 8/10
Voto artistico: 9/10
Giocabilità: 7.5/10
Voto redazione: 8.5/10
Voto utenti (media lettori): 6.9/10
Esperienza complessiva: irripetibileC.W.
Appunti dal 2025

Nel corso degli anni, attorno a questa recensione e al gioco Thronglets è nata una leggenda metropolitana.
Alcuni raccontano di aver avvertito una strana sensazione di nausea ogni volta che si avvicinavano alla tastiera dopo aver letto l’articolo. Altri, inquietati da sogni ricorrenti o da lievi rumori provenienti dai loro vecchi Commodore spenti, hanno venduto tutto e abbracciato una vita semplice, in campagna, lontani da ogni schermo.
Ci sono testimonianze di utenti che avrebbero disinstallato il gioco dopo pochi minuti e scritto lettere furiose alla redazione, chiedendo un risarcimento.
Altri ancora giurano di non essere mai riusciti a far partire la cassetta: tornavano dal negozio con una copia apparentemente integra ma vuota.
Le poche versioni funzionanti necessitavano di continue regolazioni con un cacciavite per riallineare la testina del mangianastri. Come se il gioco… non volesse essere trovato.
Curiosamente, in una vecchia build leaked, si è trovata in background una linea di commento firmata “R.L.” — forse Russell Lieblich? O solo uno scherzo oscuro? Alcuni hanno scomodato anche David Crane o addirittura ipotizzato un coinvolgimento di Activision sotto pseudonimo.
Io non so se tutto questo sia vero. Ma da quando ho iniziato a scrivere questo articolo, il mio browser si è chiuso da solo mentre cercavo di cancellare il file.
Ho iniziato a sognare una stanza vuota, piena di piccole presenze che mi osservano, senza parlare. Avete già letto questa recensione? Forse voi sarete più fortunati.