Quando si parla di Mattel Intellivision, si evoca un’epoca carica di fascino e di rivoluzioni tecnologiche.
È un tuffo nostalgico nei primi anni ’80, quando il concetto stesso di videogioco domestico era ancora in fase di definizione e la parola “console” non aveva ancora attecchito nel linguaggio quotidiano.
Oggi la chiamiamo “retro-console”, ma allora, quel gioiellino firmato Mattel Electronics, era nient’altro che un portale verso mondi digitali mai visti prima.
Pagine e pagine di cataloghi pubblicitari presentavano quella scatola marroncina come la più grande innovazione nel campo dei giochi elettronici, un passo avanti rispetto alla concorrenza dell’epoca.
Nonostante riportasse in qualche punto la dicitura di “console a 16-bit”, l’Intellivision operava principalmente in ambito 8-bit, creando un po’ di confusione tra gli appassionati. Una confusione che, in fondo, ha sempre contribuito a consolidarne il mito.
Chi ha vissuto l’era dei primi sistemi domestici sa quanto fosse speciale connettere la console al proprio televisiore e veder comparire immagini e suoni mai sperimentati prima. Un’alchimia di pixel e colori capace di catapultare i giocatori in universi sportivi, avventurosi e persino strategici.
In questo articolo — che si propone di far conoscere ancor di più la Mattel Intellivision — ripercorriamo la storia, gli aneddoti, le specifiche tecniche e i ricordi personali legati a questa macchina leggendaria.
Livello 1 – Le origini di Mattel Electronics

Per comprendere a fondo la nascita dell’Intellivision, dobbiamo tornare agli anni in cui la statunitense Mattel, già nota per la produzione di celebri giocattoli come la Barbie, decise di gettarsi nella mischia del gaming casalingo.
L’idea fu sviluppata in seno alla neonata divisione Mattel Electronics, una costola dell’azienda madre creata appositamente per penetrare il mercato dei giochi elettronici.
In quel periodo, la concorrenza era feroce: Atari aveva già conquistato i salotti con la sua 2600 e altri produttori volevano una fetta di quel mercato in rapida espansione. Mattel, fiutando l’oro, si affidò ad alcuni ingegneri di talento per realizzare un sistema in grado di surclassare le console già in circolazione.
Da lì iniziò la vera e propria progettazione dell’Intellivision: un lavoro complesso, che si sarebbe esteso nel corso di più anni.
Il risultato fu un prodotto insolito, a metà fra l’eleganza di un set hi-fi e la robustezza di un apparato domestico per il gioco.
La periferica di input, con un avanguardistico disco direzionale al posto del Joystick e una tastiera numerica, era in effetti un tratto distintivo dell’Intellivision. Un mix di avanguardia tecnica e design che permetteva di codificare comandi molto più complessi rispetto al classico joystick: un passo verso quell’idea di coinvolgimento e flessibilità che avrebbe segnato la differenza rispetto ai competitor.
Livello 2 – La progettazione dell’Intellivision

La progettazione dell’Intellivision coinvolse diversi aspetti tecnici, tra cui la scelta del microprocessore e delle memorie. La CPU centrale fu il celebre CP1610 prodotto da General Instruments. Questo processore, strutturato su una base a 16 bit, lavorava in modo peculiare e contribuì alla fama di “console a 16-bit” che Mattel utilizzava come punto forte del marketing (benché, per molti aspetti, si operasse comunque in 8 bit).
Uno degli elementi che destano tuttora stupore è la gestione delle memorie. L’Intellivision disponeva di:
- 1352 byte di RAM (memoria principale di lavoro)
- 240 × 8-bit di memoria Scratchpad dedicata a compiti specifici e di supporto
- 352 × 16-bit (704 bytes) Memoria di sistema, un banco interno fondamentale
- 512 × 8-bit di RAM per la grafica, indispensabile per gestire sprite e sfondi
- 7168 bytes of ROM, che contenevano parti del sistema operativo e routine basilari di gestione
Questi dati, per l’epoca, erano tanto ostici da comprendere per il grande pubblico quanto rivoluzionari per i programmatori.
Avere diverse categorie di memorie separate rappresentava un’innovazione importante. Il “microprocessore” in questione, infatti, doveva gestire i dati tenendo presenti molteplici vincoli. Eppure, grazie a un design ingegnoso e all’ottimizzazione dei codici di gioco, ne uscivano veri e propri miracoli di programmazione.
La grande capacità di calcolo, almeno rispetto alle console concorrenti, fece sì che l’Intellivision potesse vantare una grafica più definita e animazioni più fluide. Fattori che, uniti a una strategia commerciale aggressiva, resero la console appetibile per chi volesse passare a uno step superiore rispetto al semplice Pong o alle prime cartucce Atari.
Livello 3 – Specifiche tecniche e la “console a 16-bit”
Sebbene la definizione di “console a 16-bit” resti tuttora dibattuta tra gli esperti, è innegabile che l’Intellivision si basasse su un’architettura peculiare.
La CPU dell’Intellivision era una CPU a 16 bit prodotta da General Instruments, ma molto del suo funzionamento effettivo si confrontava con limiti e ottimizzazioni tipiche degli 8 bit. Ciononostante, la potenza di calcolo superiore si faceva notare in alcune produzioni, soprattutto se confrontate con la concorrenza coeva.
Questa “ibridazione” fra 8 e 16 bit portò Mattel a spingere parecchio sulla campagna marketing. Non era raro imbattersi in spot televisivi in cui l’Intellivision veniva presentata come la console più avanzata di sempre, capace di sfidare qualunque altra piattaforma.
Naturalmente, c’era anche un ragguardevole sforzo di dimostrare le effettive migliorie del sistema: giochi sportivi più dettagliati, maggiore profondità nelle strategie e una fluidità nei movimenti su schermo che faceva gridare al miracolo.
Seppur oggi non ci sorprendiamo più per questi numeri, nel contesto storico degli anni ’80 l’idea di disporre di un processore con una base a 16 bit era quasi fantascientifica. Perciò, ogniqualvolta si parlava di “console a 16-bit”, si guardava con un certo timore reverenziale all’Intellivision, come se fosse in grado di sfornare mondi virtuali di complessità inaudita.
Livello 4 – Il catalogo dei giochi più iconici

L’Intellivision seppe distinguersi non solo per la sua struttura hardware, ma anche per un catalogo di titoli variegato e, per certi versi, rivoluzionario. In quegli anni, le cartucce rappresentavano l’unico modo per fruire delle esperienze videoludiche: le piattaforme di scaricamento di giochi sarebbero arrivate solo molti decenni dopo. E così, di cartuccia in cartuccia, si popolava la libreria virtuale di ogni giocatore.
Tra i giochi più celebri e rappresentativi spiccano:
- NASL Soccer: uno dei primi titoli che fece capire quanto l’Intellivision potesse garantire una certa finezza di gameplay rispetto ad altre console.;
- Astrosmash: un sorprendente shooter spaziale, molto semplice nella concezione, ma incredibilmente coinvolgente;
- Night Stalker: un titolo cupo e avventuroso, con un protagonista che si aggira tra labirinti infestati da robot e pipistrelli;
- Utopia: un prototipo di strategico in tempo reale, una delle prime sperimentazioni di city-building su console domestica;
- Burgertime: classico arcade di Data East, convertito egregiamente su Intellivision, in cui bisogna completare hamburger sfuggendo a uova e salsicce impazzite;
- Advanced Dungeons & Dragons: Cloudy Mountains: un titolo di enorme impatto, che portò i giocatori nei reami fantasy, introducendo in console dinamiche d’avventura e dungeon crawling.
A questi si aggiungono innumerevoli altri, fra cui i giochi sportivi (baseball, basket, football americano) che, grazie alla potenza di calcolo, erano in grado di mostrare una serie di dettagli inediti per l’epoca.
Livello 5 – Il caso dei giochi sportivi (con NASL Soccer, Tennis e Utopia)
Tra i motivi del successo della Mattel Intellivision, vi fu la scelta di puntare molto sui giochi sportivi. Il pubblico americano, in particolare, era affascinato dal poter rivivere tra le mura domestiche i match di baseball o di football, con una rappresentazione tutto sommato fedele del campo di gioco. Ma anche il soccer — di derivazione calcistica europea — ebbe una rilevanza fondamentale.
NASL Soccer divenne rapidamente un titolo di punta: permetteva di vedere piccoli omini correre sul campo in modo definito e con animazioni ragionevolmente fluide.
Anche il Tennis ebbe un buon riscontro, soprattutto in alcune zone d’Europa dove questa disciplina era molto seguita.
Proprio Tennis (insieme a Soccer) fu uno dei regali postali che alcuni acquirenti dell’Intellivision ricevettero come “bundle” promozionale: l’idea di poter giocare a due sport con la stessa console fu un’innovazione graditissima.
Un discorso a parte merita Utopia, considerato da molti il primo vero esempio di gioco strategico / gestionale su console. In quel titolo, i giocatori gestivano un arcipelago, costruivano infrastrutture e dovevano fronteggiare eventi casuali come tempeste e pirati.
Il tutto con la potenza (relativa all’epoca) del “motore” Intellivision. Guardare quei pixel muoversi sul televisiore suscitava un senso di scoperta che non aveva precedenti nelle console a cartucce già circolanti.
Livello 6 – Ricordi personali: l’anno di quell’acquisto inatteso
Ricordo come fosse ieri l’anno in cui mio padre — di solito assai parco nell’elargire doni — decise di agire in maniera quasi arbitraria, facendosi sedurre dalla novità elettronica e comprandomi l’Intellivision. E dire che io agognavo un altro gioco, questa volta analogico e “plasticoso”, molto pubblicizzato in TV. Era una specie di ring da boxe con due pugili da manovrare a suon di “grilletto” per sferrare cazzotti. Ma nulla: alla fine, la scintilla tecnologica ebbe la meglio, e in casa entrò la “miracolosa” console.
Con l’acquisto, di default, mi arrivarono via posta i giochi Soccer e Tennis. Fu un’emozione incredibile: la promessa di poter sfidare amici e compagni di classe in partite all’ultimo sangue.
L’aneddoto è che all’epoca molti negozi di giocattoli offrivano anche una cartuccia omaggio, giusto per non far tornare a casa i novelli acquirenti con una scatola vuota, scegliendo tra una di fascia “medio-bassa”. Pensando fosse logico, optai per “Triple Action”: una singola cartuccia, ma con tre giochi in uno: avrei potuto da subito giocare con carrarmati, biplani e automobili, in tre giochi selezionabili. In futuro qualcuno avrebbe detto “tiu gust is mei che uan”.
Quegli istanti, trascorsi nel primo pomeriggio di un tiepido giorno d’estate, rimangono impressi nella memoria: la luce filtrava dalle tapparelle socchiuse illuminando la stanza, mentre io ero assorto a pilotare i piccoli carri armati e i biplani sullo schermo. Un universo di pixel che pareva infinito, specie se confrontato con i limiti tecnologici a cui ero abituato.
Livello 7 – Le cartucce e le loro illustrazioni

Le cartucce dell’Intellivision erano veri e propri oggetti del desiderio. Erano costose (un po’ come le odierne periferiche e i giochi per console di ultima generazione), ma possedevano un fascino particolare.
Le illustrazioni delle copertine erano veri capolavori: immagini colorate, vivide, capaci di trasportarti nel mondo di quel gioco ancor prima di inserire la cartuccia. Senza contare la presenza delle cosiddette overlays, ovvero le mascherine da applicare sui pad numerati, che rendevano l’esperienza più profonda, istruendoti su quali tasti premere per eseguire azioni specifiche.

Nel frattempo, tra amici, compagni di classe e vicini di casa, fiorivano i prestiti e gli scambi di cartucce: un modo veloce ed economico per provare più titoli possibile e, al contempo, socializzare. Tra un “Astrosmash” e un “Horse Racing”, ci si sfidava in “NASL Soccer” e così via, in un turbinio di pixel e emozioni.
I libretti interni completavano il quadro: presentavano la storia del gioco descrivendo personaggi, regole e ambientazioni.
Quegli opuscoli erano veri e propri manuali di viaggio, capaci di regalare ai bambini più fantasiosi un retrogusto da romanzo di avventura.
Oggi fa sorridere ripensare a quanto ci si affidasse a un piccolo manualetto stampato, ma allora era tutto ciò che serviva per varcare la soglia dell’incredulità.
Livello 8 – “Triple Action”, “Dungeon & Dragons” e altre avventure
Tra le prime cartucce che ottenni, come detto, ci fu “Triple Action”. Tre giochi in uno, un regalo inaspettato che ampliò di molto i miei orizzonti. Ricordo con nitidezza quel giorno in cui, inserendo la cartuccia non completamente fino in fondo, attivavi qualcosa di bizzarro: il gioco andava in tilt, alterando le dinamiche.
I carri armati oltrepassavano i muri, i biplani si scurivano in maniera anomala e i circuiti dell’auto da corsa mostravano texture fuori dal comune. Per me fu come accedere a un mondo parallelo, un glitch inaspettato che aggiungeva ulteriore fascino a quell’universo di pixel.
“Triple Action” inaugurò una lunga serie di esperienze. Ben presto, mi innamorai di titoli come Dungeon and Dragons e, soprattutto, Master Of The Universe.
Una volta, con l’avvicinarsi delle feste di Natale, mio padre mi comprò come regalo una cartuccia molto ambita: quella dedicata proprio ai “Master”, che adoravo. E la nascose, con l’intenzione di farmela trovare sotto l’albero con l’arrivo di Babbo Natale.
L’idea era di farmi una sorpresa la mattina del 25 dicembre, ma la mia curiosità ebbe la meglio.
A volte, quando i miei genitori non c’erano, andavo a frugare di nascosto nell’armadio dove la confezione era stata celata. Una volta trovata, scartavo il pacchetto regalo con cura e attenzione per inserirla avvedutamente nella console, maneggiandola con delicatezza. Furtivamente, mi immergevo in battaglie epiche in compagnia di He-Man, accompagnato dalla leggendaria musichetta elettronica dei Masters in sottofondo. Finita la partita, da perfetto fuggiasco, rimettevo tutto a posto, sperando che nessuno notasse l’assenza temporanea del dono prezioso.
Le cartucce erano costose e proprio per questo motivo la pratica dello scambio tra amici era assai diffusa.
Era fantastico scambiare nuovi giochi con i vicini, e trascorrere intere serate a esplorare nuovi mondi. Questa esperienza rendeva ancor più speciale il ricordo di ogni cartuccia.
Livello 9 – La passione familiare: Space Hawk, Lady Bug e BurgerTime
Non ero l’unico, in casa, a dilettarmi con l’Intellivision. Mio padre, dopo averlo comprato, si era fatto prendere la mano e si era appassionato in particolar modo a Space Hawk, un shooter spaziale in cui il personaggio vaga tra asteroidi e volatili spaziali.
Ricordo che riusciva a totalizzare punteggi altissimi, raggiungendo creature che non erano previste neanche dal libretto illustrativo.
Mia madre, invece, amava Lady Bug (una sorta di Pac-Man con insetti) e si rivelò anche una campionessa di BurgerTime, dove bisogna completare hamburger enormi schivando uova, salsicce e cetrioli antropomorfi.
Spinta da uno spirito competitivo inarrestabile, faceva a gara di record con il vicino di casa, trasformando ogni partita in una sfida serrata alla ricerca del punteggio più alto.
Molto spesso il pomeriggio o dopo pranzo era una gara ad accaparrarsi console e tv per primi. Più eri abile, più a lungo ti guadagnavi il diritto di rimanere incollato alla consolle. Che meraviglia vedere adulti e bambini accumunati dalla stessa passione. All’improvviso “giocare” non era più considerata un’attività riservata ai più piccoli.
Livello 10 – Il valore economico e la questione del CEO Mattel

La domanda che spesso si fanno gli appassionati di retrogaming è: quanto costava Intellivision?
Al lancio, negli Stati Uniti, il prezzo dell’Intellivision si aggirava intorno ai 299 dollari, una cifra decisamente importante se paragonata agli stipendi medi dell’epoca.
In Italia, il costo in lire risultava comunque impegnativo, tanto che l’acquisto di una console di questo tipo non era affatto scontato.
Ecco perché fu quasi un atto di coraggio quello di mio padre, di solito molto attento alle spese, che invece si fece tentare dalla novità elettronica.
Oggi, Mattel è un gigante nel settore dei giocattoli, conosciuto soprattutto per le linee Barbie e Hot Wheels. Spesso ci si chiede: chi è il CEO di Mattel al momento? La risposta è Ynon Kreiz. È lui a gestire il colosso statunitense, ereditando una tradizione che ha segnato la storia dei giochi per bambini e, con l’Intellivision, ha lasciato un’impronta indelebile anche nel mondo dei videogame.
Se diamo uno sguardo ai listini dell’epoca, le cartucce avevano un costo variabile tra i 20 e i 30 dollari, o persino di più, soprattutto quando si trattava di licenze prestigiose. Alcune, come “Master Of The Universe” o “Advanced Dungeons & Dragons: Cloudy Mountains”, potevano raggiungere prezzi elevati per via del packaging dettagliato e di eventuali chip aggiuntivi.
Punti salienti sui costi e le strategie di vendita:
- Prezzo iniziale di circa 299 dollari negli USA;
- Cartucce dalle 30 e 50 mila lire, con licenze di maggior richiamo talvolta più costose;
- Bundle promozionali con giochi sportivi come Soccer e Tennis;
- Negozi di giocattoli che offrivano cartucce “di fascia medio-bassa” in omaggio.
Livello 11 – Il lascito culturale

La Mattel Intellivision fu, per moltissimi appassionati, più di una semplice console: fu una porta d’accesso a un nuovo modo di intendere l’intrattenimento domestico. La sua progettazione attenta, il microprocessore di General Instruments, la gestione delle diverse tipologie di RAM e ROM (fra cui i 1352 byte di RAM, la 240 × 8-bit di memoria Scratchpad, le 352 × 16-bit (704 bytes) Memoria di sistema, i 512 × 8-bit di RAM per la grafica e i 7168 bytes of ROM), uniti alla presenza di titoli che avrebbero fatto storia (da NASL Soccer a Astrosmash, passando per Night Stalker e Burgertime), la resero un simbolo di avanguardia.
Nel corso degli anni, altre console hanno tentato di insidiare il primato di Mattel, e la stessa divisione Mattel Electronics visse fasi alterne quando la bolla dei videogiochi dei primi anni ’80 colpì l’intero settore.
Tuttavia, l’eredità dell’Intellivision non si è mai spenta: gli appassionati di retrogaming ancora oggi collezionano cartucce e console, ammirandone il design, le soluzioni hardware e le sperimentazioni di gioco che caratterizzavano gli anni pionieristici del divertimento elettronico.
E, a ben pensarci, dietro quei pixel c’erano — e continuano a esserci — sogni, ambizioni e momenti di puro entusiasmo.
Il catalogo dei giochi Intellivision era spesso consultato come una sorta di album dei tesori, con splendide illustrazioni e descrizioni coinvolgenti.
In un’epoca in cui non esisteva lo scaricamento di giochi online, ogni cartuccia diventava un piccolo mondo da esplorare, un oggetto prezioso da scambiare con amici e conoscenti per ampliare la propria collezione di esperienze digitali.
Che si tratti di una “console a 16-bit” o di un ingegnoso sistema 8-bit mascherato dal marketing, resta il fatto che l’Intellivision occupa un posto fondamentale nell’universo dei videogiochi classici. In fondo, l’atmosfera di quei giorni vive ancora in ogni cartuccia soffiata per farla partire, in ogni punteggio stracciato e mai inviato a una fantomatica redazione di record, in ogni sorriso complice tra chi ha vissuto quelle stesse emozioni.
Muro Finale: Intellivision Lives

Al di là del suo prezzo importante e della diatriba sulla potenza effettiva, la Mattel Intellivision è stata un catalizzatore di creatività e passione. Ha anticipato meccaniche di gioco più complesse, ha unito famiglie e amici attorno a un unico schermo e ha lasciato un’impronta indelebile nell’immaginario di tanti.
L’Intellivision della Mattel è un oggetto di culto che sta a testimoniare come una semplice console possa trasformarsi col tempo in una fucina di ricordi e storie indimenticabili. Oggi quella fiaba videoludica continua a rivivere in ogni giocatore: la leggendaria Intellivision è un mito che continua a vivere tra le memorie di vecchi appassionati e la curiosità di nuovi videogiocatori. In fondo, per sognare, bastano solo 8 bit. Facciamo 16.