Base lunare Alpha: bastano queste parole per evocare un’atmosfera sospesa tra il sogno e l’abisso, un’immagine scolpita nella memoria di chi, come me, si lasciava ipnotizzare dalle repliche trasmesse negli anni ’80 sulla Rai.
Spazio 1999 fece il suo debutto nel 1975, portando sugli schermi una fantascienza che oscillava tra la claustrofobia e il sublime orrore del cosmo inesplorato. Nel futuro, il pianeta Terra non era più un punto fermo, ma solo un lontano ricordo. L’umanità, esiliata, era destinata a viaggiare all’infinito a bordo della base lunare Alpha.
Tra gli elementi più iconici della serie, oltre al comandante John Koenig, alle Aquile e alle architetture brutaliste della base, c’era Maya, la mutaforma proveniente da Psycon.
Introduzione tardiva, ma indelebile, fece la sua comparsa nella seconda stagione, nel primo episodio intitolato Il ritorno di Voyager (“The Metamorph”). Un volto alieno incorniciato da una chioma fiammante, con un potere tanto straordinario quanto perturbante: trasformarsi in qualsiasi creatura. Un personaggio che incantava e inquietava al tempo stesso, lasciando dietro di sé un’aura magnetica e irripetibile.
Spazio 1999 non era solo la storia di una base lunare alla deriva, ma anche un capolavoro estetico e concettuale. Le sequenze si svolgevano in un futuro che portava ancora addosso i segni inconfondibili degli anni ’70, con tute spaziali dai colori accesi e pantaloni a zampa di elefante.
E poi c’era la sigla, un viaggio sonoro dall’attitudine incalzante e nervosa, tra riff di discreta chitarra funky e un beat incalzante che sembrava scandire il tempo di un universo in frantumi.
In mezzo a tanto rumore, non possiamo dimenticare la silenziosa protagonista della serie: l’astronave Superwift. Pensata per raggiungere velocità superiori a quelle della luce, questa nave spaziale si rivelava un’arma a doppio taglio, rappresentando tanto la speranza di una via d’uscita quanto il rischio di un salto nell’ignoto senza ritorno.
Dove è stato girato Spazio 1999? Se il cosmo era una costruzione immaginifica, la realtà delle riprese aveva ben altri confini: gli studi Pinewood nel Regno Unito furono il cuore pulsante della produzione. Quegli stessi studi che, anni dopo, avrebbero ospitato saghe cinematografiche leggendarie come Star Wars e James Bond.
Come è finita la serie? Nessun epilogo definito, nessuna chiusura rassicurante. Spazio 1999 si concluse lasciando Alpha in un limbo narrativo, un’odissea senza meta, un’interruzione più che una fine.
Il pubblico non ebbe mai la soddisfazione di vedere i suoi beniamini tornare a casa, escludendo ogni possibilità di riconciliazione con il pianeta Terra.
Forse, il vero senso della serie risiedeva proprio in questo: una riflessione sull’esilio cosmico, sulla condizione umana alla deriva, sulla nostalgia per un passato irrimediabilmente perduto.

Un finale che, in un certo senso, richiama quello di Tekkaman, un altro capolavoro della fantascienza, in cui la vittoria apparente nasconde un destino amaro e il protagonista, invece di trovare la pace, rimane prigioniero di un’esistenza segnata dal sacrificio e dalla perdita.
Se Spazio 1999 lasciava Alpha in un viaggio senza meta, Tekkaman chiudeva il sipario su un eroe spezzato, senza possibilità di ritorno. Due storie diverse, ma unite dalla stessa sensazione di malinconia infinita.
Dopo tutti questi anni, l’immagine della base lunare Alpha continua a fluttuare nella memoria collettiva, come il viaggio degli Argonauti lanciati verso l’ignoto, sospinti da forze che non potevano controllare e destinati a un destino incerto.
Se nell’epica classica il mito era quello di eroi spinti oltre i confini del mondo conosciuto, in Spazio 1999 il viaggio diventa un’esplorazione infinita, senza la promessa di una terraferma. Un’odissea non di ritorno, ma di smarrimento, dove il tempo stesso sembra essersi sgretolato.
E così, con lo sguardo fisso sullo schermo, continuiamo a solcare le rotte dell’immaginazione, mentre l’universo ruota fuori dalla nostra finestra, eterno e indifferente, incurante dello share e di ogni tipo di interazione. Nello spazio nessuno può inviare un like.